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Non mi basti mai

di Paola Salzano
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Pubblicato il 14/06/2020 12:41:26

 

Alice giunse a destinazione in un’afosa mattina di giugno. L’attendeva una Milano assolata, priva di nubi, in contrasto col suo animo cupo, disperato, di chi è ancora al centro di una tempesta.

Era partita mezz’ora prima da Bologna, ripromettendosi di non cedere, ma quando il treno stava per giungere in stazione, non riuscì a resistere ed indossò gli auricolari del suo lettore mp3. La melodia di una delle canzoni di Lucio Dalla, “Non mi basti mai”, rese Alice ancora più inquieta e depressa: quelle note erano state la colonna sonora degli ultimi mesi.

Nel dicembre dell’anno precedente, appena assunta come ragioniera in un prestigioso studio di Bologna, non stava nella pelle per quell’inatteso impiego alla sua prima esperienza significativa di lavoro.

Il colloquio l’aveva sostenuto con Riccardo, uno dei soci dell’ufficio, dallo sguardo comprensivo e i modi cordiali, che subito l’aveva fatta sentire a proprio agio. Tra di loro la complicità fu istantanea, gettando le basi per un rapporto di collaborazione fondato sulla fiducia e sulla stima. I due si trovarono a trascorrere tanto tempo insieme; Riccardo chiedeva spesso il suo aiuto, mentre la donna accettava volentieri di seguirlo in commissioni al di fuori dello studio.

Pian piano Alice cominciò a sentirsi attratta da quell’uomo, di cui ammirava la caparbietà, la determinazione sul lavoro, nonché la disponibilità verso gli altri. Riccardo invece si perdeva in quegli occhi limpidi ed espressivi, quando lei gli parlava dei suoi progetti o snocciolava le ricette dei suoi piatti preferiti.

All’inizio della primavera sbocciò tra i due un sentimento fresco come una brezza d’aprile seppur impetuoso come un vento inarrestabile. Riccardo aveva circa trent’anni, era sposato e padre di un bambino di alcuni mesi, ma nonostante i buoni propositi non riuscì a resistere a quell’amore che stava per travolgerli: l’entusiasmo di Alice ed il profumo della sua pelle gli avevano rubato il sonno e il cuore.

Le uscite di lavoro si trasformarono di lì a poco in passeggiate romantiche, sotto gli interminabili portici di via Indipendenza, da cui si scorgevano le due Torri che emergevano dalla foschia cittadina come alberi di un vascello. Alice aveva l’impressione che gli antichi edifici la scrutassero dall’alto con fare inquisitorio, facendola sentire ancora più colpevole, in quanto era a conoscenza del fatto che Riccardo fosse un uomo impegnato.

Avrebbe voluto scappare, ma allo stesso tempo non riusciva a stare senza di lui. Ogni angolo di strada divenne l’occasione per sfiorarsi furtivamente e gli androni dei palazzi posti appartati dove potersi abbracciare e soddisfare, anche se per poco, l’urgenza del loro amore.

“Dovrei starti lontano”, le disse un giorno Riccardo, durante la pausa pranzo nell’ufficio deserto. “Invece ho bisogno di averti vicino, ho bisogno di te…”. Ricambiato da Alice si lasciò andare al desiderio represso, al riparo da occhi indiscreti e dal giudizio del mondo.

In un pomeriggio di maggio, mentre passeggiavano lungo via D’Azeglio avvolti dalla tenue luce dell’imbrunire, vennero cullati dalla melodia di quella canzone di Lucio Dalla, che proveniva dagli altoparlanti posti ai bordi della strada. Riccardo non poté fare a meno di seguirne il testo: “Vorrei essere l’anello che porterai, la spiaggia dove camminerai…così non ci lasceremo mai, neanche se muoio e lo sai…Tu, tu non mi basti mai, davvero non mi basti mai…”

Si voltò verso Alice: “Chi ha scritto parole così intense, deve averle vissute almeno una volta nella vita”, osservò commosso. La donna ricambiò il suo sguardo e realizzò di non aver mai amato nessuno come Riccardo.

Sapeva però che lui non gli apparteneva. Ne ebbe triste conferma un sabato, quando, passeggiando per i viali dei Giardini Margherita con un’amica, intravide da lontano proprio Riccardo con a fianco la moglie ed il loro bimbo nel passeggino. Fece finta di non vederli, ma si sentì impazzire e provò un forte senso di nausea. Quell’incontro la riportò con i piedi per terra. L’indomani al rientro in ufficio, si mostrò sfuggente nei suoi confronti.

“Mi vuoi dire cosa ti prende?”, le chiese Riccardo appena ne ebbe l’occasione. “Non capisco…ti ho fatto qualcosa?”

Guardandolo negli occhi, Alice non riuscì a trattenere il pianto. “Mi dispiace, ho sbagliato tutto. Sei un uomo sposato ed io non ho alcun diritto di intromettermi nella tua vita”.

“Se è per questo, abbiamo sbagliato entrambi, anzi io mi sento un marito deplorevole. Ho intenzione di dirlo a mia moglie…”.

“Ma io non voglio privarti della tua vita, soprattutto di tuo figlio. Non riuscirei più a guardarmi allo specchio ed anche tu, con il tempo, mi vedresti come la donna che ti ha allontanato da lui”, replicò Alice con voce roca.

Riccardo la strinse a sé. “Non so cosa accadrà in futuro, ma so che sei tutto per me”.

L’indomani Alice, disperata, rassegnò le dimissioni e in lacrime scrisse un messaggio a Riccardo. “Domani parto per Milano, sarò ospite di mia cugina per qualche tempo”. Poi aggiunse: “Mi dispiace tanto”.

La mattina seguente Alice, seduta al bar della stazione, si aspettò di vedere Riccardo correrle incontro. “Che sciocca”, pensò.  Così pagò il caffè e raggiunse il binario.                            

 

 

Il Frecciarossa fendeva l’aria densa ed afosa di Milano centrale, mentre negli auricolari sfumavano le note della loro canzone. Poco dopo la donna recuperò il bagaglio e scese facendosi largo tra i passeggeri; fu allora che vide sua cugina agitare le braccia per farsi riconoscere. Cercò di ricambiare con entusiasmo il saluto, nascondendo lo sguardo arrossato dietro gli occhiali da sole.

Poi le donne si avviarono verso l’uscita, dove Alice finse di ascoltare gli ultimi pettegolezzi di famiglia, ma già nella sua mente si insinuava, prepotente, il dubbio di aver preso la decisione giusta.  

 

Paola Salzano (marzo 2019)


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