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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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3 d’union

Poesia e Prosa

G. Baldaccini - A. Pasterius - L. Riommi
Fermenti Editrice

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 21/02/2014 12:00:00

 

Uno degli aspetti che compone la grandezza di un autore è il saper fecondare il pensiero di chi legge. Uno scrittore può definirsi un grande scrittore quando è in grado, attraverso le sue idee e le sue parole, di aprire una nuova prospettiva nella mente del lettore, e di porre in essa idee potenzialmente capaci di germogliare e creare nuove dimensioni. Quando poi la mente che le ha ricevute, facendole proprie, ne permette la germinazione, si potrebbe dire che il cerchio si chiude nella sua perfezione, l’arte ha compiuto il suo corso, non si è arrestata sulle pagine o tra i volumi degli scaffali ma continua una sua vita propria, scollegata da chi l’ha creata. Se a questa ideale conclusione aggiungiamo che se a ricevere i doni dell’arte sono menti particolarmente fervide, allora l’arte si accresce del tessuto esperienziale e creativo di chi la raccoglie, facendola propria riesce a creare qualcosa di totalmente nuovo, inatteso e magari ancor più grande. Quando il lettore unisce la propria visione, la propria arte, a quanto letto, si ha una sorta di innesto su quanto creato dall’autore iniziale, sboccia qualcosa di completamente nuovo, fatto di comprensione, esperienza, cultura e sensibilità, siamo di fronte ad una nuova forma di vita artistica. Un nuovo libro si crea da un libro letto, una nuova idea germoglia su altre idee, rinnovando il patrimonio genetico, artistico e comunicativo, dando vita ad un nuovo fiorire, ad un gettar nuovi e sorprendenti virgulti, di fronte ai quali non si può che rimanere estasiati, e grati verso chi ce li ha donati. Ed è questo il caso di “3 d’union”, agile libretto, dalla struttura proteiforme, firmato da tre lucide e profonde menti: Giovanni Baldaccini, Antòn Pasterius e Luciana Riommi; un impasto sapientemente dosato e amorevolmente lavorato a sei mani, pronto a trapassare la mente del lettore per condurlo tra i ripiani di una immensa e sorprende libreria, dove i libri non sono corpi esposti alla polvere in attesa di essere chissà quando ripresi, ma sono vere e proprie anime in movimento che si fondono tra loro, mantengono viva la loro capacità rigeneratrice e creatrice, alimentata dalla fertilità delle menti dei tre autori.

Il libro si compone di racconti, poesie e aforismi, come sottolineato in copertina, e quindi vorrei condurvi in una rapida passeggiata in quella che ho testé definito una sorta di libreria vivente.

Inizia Baldaccini, il quale, forse per diritto alfabetico, firma l’introduzione e il primo racconto, “Lascaux”, in cui l’autore vive una sorta di viaggio iniziatico, alla ricerca di Pasterius, rievocando alla mente certi paesaggi dell’animo dal forte sapore dei primi del Novecento mitteleuropeo, variegato dai misteri della conoscenza alchemica; si tratta di una scrittura precisa, incalzante, perfetta, intessuta di reminiscenze di letture, ma mai plagio, è nuovo materiale da una arcana radice comune, lontana ma pulsante. Prosegue Pasterius, nella sua passeggiata lunga un “Pomeriggio (di Antòn)”, in cui, lungo le strade parigine l’arte prende forma, si dissolve, si ricrea, cambia, si condanna ed autoassolve nella mente di Pasterius. La ricerca del gallerista è quasi una madeleine che da una tazza di tiglio crea mondi sepolti ma non irraggiungibili. La lettura prosegue con gli aforismi creati da Luciana Riommi, intitolati “Da uno scaffale all’altro” e dedicati all’umanità & dintorni, ed è qui che avviene la vera magia che soffonde questo libro, che lo fa rassomigliare ad un bagliore bluastro che tra le costole dei volumi riposti in uno scaffale pulsa di nuova vita, in questo capitolo la linfa ricomincia a scorrere tra titoli di opere, creando aforismi che evocano mondi e universi in continua evoluzione, nascosti tra le pieghe dell’essere uomo. Ogni frase di ciascun aforisma è il titolo di un libro, ed il risultato è sorprendente, una sorta di mappa del tesoro racchiuso in ciascuno di noi. Dopo questo inesauribile capitolo Baldaccini riprende le fila del viaggio con un hommage a Joseph Roth, “La musica dei tarli”, in cui una scrittura scattante, quasi una prosa aforistica, costruisce scenari in cui vite si consumano e sembrano sul punto di dissolversi, fin quando non interviene una parola a dar loro certezza e colore; una parola che costruisce una cornice entro la quale vite prendono forma, movimento e sembianze di una umanità affascinata dal dolore, che nel dolore si rannicchia per sognare il calore umano e una nuova vita, che non verrà ma che esiste tra le pieghe della memoria e tra le pagine dei libri. In questo racconto si respira un’aria mitteleuropea, gialla e grigia, illuminata qua e là da vecchie lampadine scalcinate, proiezioni di una degna povertà. Si ritorna poi fra gli scaffali con Luciana Riommi, ed il tema questa volta è Eros & Thanatos, dove, con lo stesso meccanismo, si creano immagini di ciò che è l’amore. Fra tutti ne cito uno: “il lato oscuro dell’amore / un riflesso dell’altro” composto da due frasi, titoli di libri, una della Cvetaeva, l’altro di Virginia Woolf, che proietta le due opere in una dimensione nuova ed unica. La lettura prosegue con un altro hommage di Giovanni Baldaccini, questa volta a Kafka, dove all’ispirazione kafkiana si unisce uno stile totalmente nuovo, una visione personale dell’autore su un mondo: Kafka padre spirituale di un mondo nuovo dove il Castello resta sullo sfondo e qualche bagliore dalle sue vetrate torna a ricordarcelo di tanto in tanto.

Si prosegue poi col sorprendente “Sistema binario” di Pasterius, dove le poesie sono costruite con le parole usate da Giovanni Baldaccini nella sua raccolta di racconti “Desiderare altrimenti”. Ed è sorprendente osservare questa quasi fusione di menti, questo utilizzo del medesimo materiale per dare vita ad opere nuove. In questo caso si potrebbe parlare di profonda conoscenza di Baldaccini da parte di Pasterius, capace di scrivere l’inedito dall’edito, di infondere nuova vita alle parole, far uscire di nuovo al sole sillabe chiuse in un libro posto in uno scaffale, della memoria, prima ancora che materiale. Siamo di fronte ad un caso luminoso di fecondazione della mente del lettore, di cui parlavo nel prologo, capace di far germogliare nuove idee, nuovo sentire, nella mente fervida, in grado di dare nuova forma e nuova linfa a idee create da un artista.

Luciana Riommi ci riporta nella sua biblioteca per illustrarci attraverso la forma aforistica la sua visione di un tema che immagino le sia caro, la psicoanalisi. Passeggiando fra i titoli di Laing, Buber, Freud, Hillmann, Plutarco, Marquez e tantissimi altri ci sentiamo dire “teatri del corpo: / l’Io e i suoi partner / in carne e ossa”; oppure “Il generale nel suo labirinto: / il problema della malattia mentale”, espressioni capaci di farci riflettere a lungo. Chiude Antòn Pasterius, ma solo in ordine materiale, la bellissima lettura, poiché questo è libro che non inizia e non termina, è una lettura circolare inesauribile, dicevo che comunque l’ultima parola spetta ad Antòn Pasterius a pagina 91 con “Intimo di donna”, una ghiotta piccola pièce che un tempo si sarebbe definita licenziosa. La lettura è gustosissima ed assolutamente di tipo visivo, le parole quasi scompaiono davanti ai nostri occhi, dove restano le scene amabilmente illustrate dall’autore.

Un libro sorprendente questo “3 d’union”, mirabilmente costruito e scritto, capace di donare al lettore una visione nuova ed inedita sul mondo della letteratura, dove le sorprese abbondano e vi abbonda l’amore per la scrittura, l’amore per l’arte. Un concentrato di Bellezza.

 


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