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Un anno dopo, una birra.

di Cristina Pongiluppi
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Pubblicato il 06/02/2016 01:46:44

 Quando Luca entrò nel bar, fuori iniziava a piovere. Aprì la porta del pub, una ventata gelida attraversò il locale. Si scrollo il freddo di dosso, si tolse i guanti di pile e li infilò nella tasca destra del piumino.

  Diede un’occhiata intorno e riconobbe l’amico, di spalle, seduto al bancone. La sua risata rumorosa si faceva strada in mezzo al vociare della gente. Stava chiacchierando con la barista. Una ragazza mora, con lunghi capelli lisci raccolti in una morsa strettissima sopra il capo.  La sua pettinatura era tirata al punto tale da  accentuarne il taglio degli occhi. Una coda le scendeva  sulla schiena, sottolineando la provocante scollatura. Una piccola fenice si poteva intravedere poco sopra i glutei. Il trucco nero avvolgeva il suo sguardo di ghiaccio, rendendo l’azzurro ancora più intenso, mentre le labbra carnose, prendevano vita grazie al rosso porpora del lucidalabbra. La pelle bianca, di un candore artificiale, dava  a questa bellissima ragazza le fattezze di una aggressiva bambola di porcellana.  Era decisamente affascinante ed il suo amico sembrava accorgersene.

  Luca si tolse la giacca, l’appoggio sull’appendiabiti, alla destra del bancone, insieme alla sciarpa. Sposto lo sgabello con un piede e ci si butto sopra. Massi, che era nel pieno di un'animata conversazione con la ragazza dietro al bancone, si voltò e riconobbe il suo vecchio amico.

  Si conoscevano dai tempi del liceo, insieme ne avevano combinate di tutti i colori. Avevano condiviso moto, ragazze, fumo e alcool. Adesso avevano qualche ruga in più, qualche capello grigio, ma avevano mantenuto l’abitudine di vedersi quasi tutti i giorni per una birra, per guardare la partita, per andare allo stadio, per fare due chiacchiere. Massi salutò l’amico: - Ehi ciao.

- Ciao.

- Com’è?

- A pezzi.

- Cosa succede?

- L’ho rivista.

- Quando?

- L’ho incrociata ieri. Lei stava scendendo dalla metro, mentre io salivo. E’ stato un istante. Credo abbia un altro. Era insieme ad un tipo elegante, incravattato, con dei denti di un biancore inquietante. Teneva lo sguardo basso, non mi ha visto.

- Ma non vuol dire nulla, come fai a dire che sta con un altro?

- No, no, queste cose si capiscono. L’ho persa, ti dico che l’ho persa.

- Ma non è detto.

- Ti dico che si è rotto qualcosa. Ho sbagliato, dovevo dirle tutto un anno fa. Non dovevo lasciarla partire. Ormai è tardi.

La barista si avvicinò: - Cosa vi porto ragazzi?  

I due risposero in coro: - Due medie rosse, grazie.

- Cosa le hai detto prima che partisse?

- Che mi ero innamorato, che avevo bisogno di lei.

- Davvero?

- No. – Rispose accennando un ghigno ironico– Avrei voluto. In realtà mi sono limitato ad un “Ciao a  presto”.

  Massi, non sapeva che dire, avvicinò il bicchiere alla bocca e sollevandolo, guardò l’amico attraverso il fondo del boccale. Era teso, preoccupato, da quasi un anno lo vedeva infelice, ma non era mai stato così agitato, così rassegnato. Posò il bicchiere, afferrò una manciata di noccioline e con un gesto deciso se le gettò in bocca. Poi disse:

- Dai amico, ora è tornata.

  Mentre fissava il vuoto alle spalle di Massi, Luca appoggiò il gomito destro sul bancone:

-Però l’ho persa. Avrei dovuto insistere, continuare ad esserle amico, non lasciarla andare via.  

  Mentre pronunciava queste parole, appoggiò la fronte sulla mano destra, le dita tra i capelli biondi, si chiusero in un gesto di rabbia. Si afferrò il ciuffo lo tirò indietro. Poi seguitò:

- Se avessi insistito, forse avrei continuato a vedere i suo occhi e la sua bocca ridere, avrei ancora il suo profumo che mi accompagna nelle giornate più difficili. La sua abitudine ad alzare impercettibilmente le spalle quando non è d’accordo, il suo modo di camminare distratto, leggero, i suo capelli disordinati sempre davanti al volto, farebbero ancora parte della mia vita. Ora non la vedrò più.

E mentre pronunciava queste parole sollevò il bicchiere e bevve mezza birra in un sorso.

  Massi accennando un sorriso disse all’amico:

- Non esagerare. Come fai a sapere come andrà a finire?  L’hai solo incrociata un attimo, per strada. Non vuol dire nulla.

  Trovava la reazione di Luca esagerata, ma non disse nulla. Gli voleva bene e non se la sentiva di ferirlo. Tutte quelle storie per una donna erano però eccessive. Continuò: - Chiamala.

- Non posso. Dopo tutto questo tempo cosa potrei dirle? Le ho scritto, se vorrà mi chiamerà lei. Non voglio impormi, lei deve scegliermi, non subirmi. Voglio che sia lei a fare il primo passo. Perché sente la mia assenza, perché è pazza di me, perché le manca il fiato quando mi pensa, perché non riesce a fare a meno di cercarmi.

- Ma può darsi che sia così, può darsi che sia tornata proprio per te. Forse come te non chiama per paura di un rifiuto. Cosa le ha scritto?

- “Non mi rimane nulla, solo la tua ingombrante assenza. Oggi finalmente ti ho rivista, inaspettatamente. Il problema è che sei esattamente come ti ricordavo: bellissima. Il tuo sguardo distratto celava una serenità impercettibile, misteriosa, avrei voluto chiederti:-dove sono i tuo i pensieri?- Improvvisamente il mondo intorno a me ha ripreso i suoi colori, la primavera  per un istante è tornata nella mia vita.

- Wow, e lei?

- Nulla.

  Luca diede un ultimo sorso alla birra. Dopo averla svuotata, alzò il braccio, per chiedere alla cameriera un’altra media. Lei si girò verso di lui. Mentre quelle voluttuose labbra rosse gli parlavano, lui per un istante chiuse gli occhi e rivide la scena della metro. Ancora, e ancora e ancora. Riaprì gli occhi quando sentì la voce dell’amico.

- Mi dispiace, ma se fosse veramente finita... dovrai fartene una ragione.

  Luca avvicinò il suo volto al volto dell’amico, appoggiò una mano sul suo braccio e lo guardò dritto negli occhi:

 - Perché tu ce la faresti? Se Marika non fosse tua, se tu sapessi che non la  vedrai più tutte le volte che vorrai, che un altro la potrà baciare, portare fuori a cena, farla ridere? Riusciresti a sopportarlo? Riusciresti a non averla sempre davanti agli occhi? Riusciresti veramente a vivere senza il suo odore sulla pelle? Rinunceresti al suo modo di muovere le mani? Potresti immaginare la tua vita senza la sua voce che ti prende in giro al telefono, che ti da la buona notte la sera, prima di dormire? Rinunceresti al suo buongiorno ogni mattina? Sapresti rinunciare ai suo pensieri? Cedere a qualcun altro il diritto a conoscerli, il privilegio di condividere i suoi  segreti?

- Di cosa parli? Sei ubriaco, la birra ti è andata in circolo troppo in fretta? Tu sei fuori. Marika è la mia donna, punto. Facciamo del buon sesso, ci divertiamo. Va bene così. Se non ci fosse? Non ci ho mai pensato.  Credo mi mancherebbe, per un po’, poi riprenderei a vivere.

- Allora non è Lei. Non è quella giusta. Prima o poi la incontrerai e tutto sarà diverso, tu sarai diverso. Ti si infilerà sotto la pelle e, prima che tu te ne renda conto, l’avrai nel sangue. Sarà parte di te, irrimediabilmente, non riuscirai più a liberartene. Ti creerà dipendenza, come una droga. Sarà la tua malattia e la tua ragione di vita.  Ti renderà migliore, avrai voglia di dimostrare che per lei puoi essere all’altezza di qualsiasi prova e allora supererai i tuoi limiti. Per lei andrai oltre le tue paure, i tuoi bisogni. Sarà come  lanciarsi nel vuoto senza paracadute ed il volo sarà così unico, che non ti interesserà neppure sapere se atterrerai sul morbido, perché, comunque, ne sarà valsa la pena. La guarderai e penserai: “Io con te voglio invecchiare, con te e con tutta la tenerezza, le cicatrici e l’impegno che una vita insieme comporta.” La immaginerai con le rughe e penserai che sarà bellissima comunque. Ti interesserà mettere a nudo prima il suo cuore che il suo corpo. E farai l’amore con lei come non l’hai mai fatto con nessuna, perché  non accarezzerai solo la sua pelle morbida, ma la sua anima.

  Massi ammutolì, non sapeva di cosa stesse parlando l’amico, non aveva mai provato un sentimento così travolgente e francamente non lo credeva possibile. In quel momento squillò il telefono di Luca, era Lei.

-Ciao.

-Ehi ciao, come stai?

-Bene – disse lei – ti ho visto ieri, eri tu nella stazione della metro?

-Si, credevo non mi avessi notato.

-E’ passato tanto tempo. Come stai?

-Ora meglio

-Cosa vuol dire?

-Che ti aspetto da un anno.

Ci fu un attimo di silenzio, poi lei continuò: - Ci vediamo una sera?

-Anche subito.

-Dammi il tempo di fare una doccia. Dove sei? Ti raggiungo.

-Sai dov’è l’Irish?

-Ok, ci vediamo lì tra un'ora.

  Quando chiuse la comunicazione, non riuscì a dire nulla. Il suo amico lo guardava con uno sguardo interrogativo e lui pronunciò solo la parola: - Arriva.

  Quarantacinque minuti dopo, quando lei varcò la soglia del locale, lui istintivamente si voltò verso l’ingresso. Mentre entrava dalla porta, il biondo luminoso di quella lunga chioma disordinata si mise a volteggiare a causa della corrente. Era bellissima, le lunghe gambe, che teneva leggermente piegate verso l’interno, erano avvolte in  spesse collant marroni ed il cappotto, doppio petto, beige, stretto in vita dalla cintura, copriva completamente l’abito sottostante. La pelliccia grigia e nera che rivestiva il bavero, avvolgeva il suo esile collo. Portava sempre tacchi altissimi e, nonostante questo, il suo passo era impercettibile. Con un gesto lento infilò il braccio sotto la coperta di capelli che le copriva il volto e, alzando il gomito, li spinse indietro.

  La porta si chiuse alle sue spalle e l’aria gelata si fermò. Lei alzò lo sguardo e lo vide dritto davanti a sé. Quegli occhi verdi, luminosi, sembravano animati di una nuova luce.

  Lui sentì il suo cuore fermarsi  e ripartire al galoppo. Le mani sudate, la gola improvvisamente secca. Non riusciva a muoversi, non riusciva a parlare. Per quanto tempo aveva immaginato la scena.

  L’amico, gli scosse il braccio e gli chiese: - Ehi è arrivata, che fai?

  Luca si voltò, disorientato, lo fisso negli occhi, le sue labbra accennarono un sorriso e prima di alzarsi, rispose: - Vado a invecchiare con lei.

 

 

 

 


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