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La Memoria Della Luna

di Domenico De Ferraro
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Pubblicato il 27/01/2010 19:51:36

LA MEMORIA DELLA LUNA



Un giorno, un uomo improvvisamente perse la sua memoria, non si ricordava più chi fosse, da dove veniva, quale era il suo nome, confuso in quello stato si mise a cercarla ovunque andasse, vagando romito chiedendo a chiunque incontrasse, persone o cose, chi egli fosse. Provò perfino, stanco di vagabondare per mezzo mondo senza trovar risposta alcuna, di chiedere alla luna che, lucente, s’affaccia nel cielo trapunto di stelle e veglia sulla terra. Sai dirmi vegliarda luna, tu, regina della notte, chi sono io? La luna còlta di sorpresa e non sapendo in quel momento cosa rispondere a quella domanda disse: "Mi dispiace, vorrei aiutarti ma, vedi, son tanto vecchiaa nch’io, così tanto da non ricordare a volte eventi del mio passato, e poi, guarda, ho tante cose da fare come illuminare la terra, far luce su quelle disgrazie che colpiscono ogni essere vivente nell’ore oscure".
Scusa, disse il vecchio amareggiato, e proseguì per la sua strada recandosi lesto da una stella assai luminosa. E tu, Stellina che brilli lassù nel cielo sai dirmi quale è il mio nome, chi sono io? "Bella domanda" rispose la stellina, "guarda sei capitato proprio nel mio giorno sfortunato, ho perduto un mio frammento e non riesco più a trovarlo, sono molto imbarazzata, vorrei aiutarti, ma se non trovo quella parte di me staccatosi involontariamente e caduto chi sa dove nel vasto universo, sarò costretta a spegnermi lentamente e a scomparire per sempre". Va bene stella, ti saluto non voglio farti perdere altro tempo prezioso.
Il buon vecchio s’incamminò di nuovo facendo ritornò sui suoi passi, andò a bussare ad ogni porta incontrasse, ogni ufficio, pubblico o privato, ogni luogo di culto che gli potesse essere utile per ritrovare quella sua memoria perduta.
Passarono giorni, mesi, anni, guardarsi allo specchio e non sapere chi fosse, per il povero vecchietto diventò un gran problema. Quasi una colpa, un castigo per quella sua esistenza.
Essendo solo, senza parenti, decise dopo tante peregrinazioni, di far ritorno a casa sua e di starsene finalmente in pace con sè stesso nella sua casa comodamente seduto nella bella poltrona appartenuta un tempo a suo nonno ed aspettare che un miracolo avvenisse. Aspettò un giorno, due, un mese ed un anno e forse più, attese tanto che divenne sempre più decrepito e debole.
Il mondo s’era dimenticato di lui e lui del mondo che gli aveva dato si una vita difficile, ma dignitosa, che lui con orgoglio aveva affrontato.

La memoria è un bene prezioso, storia di un individuo, d’un popolo, noi siamo il prodotto del passato, viviamo immersi in esso, la storia ci guida attraverso una realtà universale ed individuale verso un singolare destino. Nel passato soltanto, nelle opere compiute, l’umanità acquista nozione e consapevolezza di sé stessa, di ciò che è e dei suoi valori, dei suoi errori, fiducia nei suoi ideali, avversione ed orrore per le cose negative e demoniache che la insidiano continuamente lungo il corso naturale dell'esistenza.
Non bisogna mai dimenticare il proprio passato, ciò che fummo, un giorno forse potremmo ritornare a credere nella pace e nel rispetto verso il prossimo di qualsiasi colore esso sia.

Il vecchio così s’addormentò, con quelle riflessioni e provò a sognare ciò che un giorno egli era stato: rivide per un istante la sua vita scorrere momento dopo momento, attimo dopo attimo, divenire, soffrire, amare, sognare, credere; rivivere quelle intime emozioni lo rese felice, nel sonno cominciò a correre ad abbracciare le persone care scomparse, ma mentre correva prese ad avvicinarsi sempre più alla tetra signora della morte.
Il vecchio le andò incontro affondando i piedi nella neve, insieme ai suoi compagni di sventura, spinto da una mano crudele verso neri forni infernali dalle terribili fauci che continuamente bruciavano ed emanavano un forte lezzo.
Si sentì chiamare nel sogno: "Compagno vienimi ad aiutare, questa pietra è troppo pesante". Ma, su quella scala, come una maledizione, un soldato gli si avvicinò e lo colpì con un bastone. Il povero vecchio crollò a terra distrutto, e l’aguzzino gli disse: "Vedrai signor nessuno di massi ne porterai non uno ma due".
Ed il vecchio sofferente rispose con un filo di voce: "Ne porterò due ed anche tre, non ho paura, sono forte e, se non sei codardo, ti batterai con me fino alla fine del tempo.
Ma quando giunse il suo turno, trascinandosi in lacrime, il vecchio chiese alla morte: "Signora la prego mi risponda chi sono io?" La signora in quel momento angusto, sorrise e si tramutò in un angelo di luce e gli rispose: "tu sei mio figlio" e l’abbracciò baciandolo sulla rugosa fronte.
Il vecchio ritornò così ad essere un bambino, gli ritornò alla mente il suo passato, la sua vita e con quei ricordi chiuse gli occhi e dolcemente si addormentò per sempre tra le braccia d’un angelo che lo condusse in cielo cantando il Cantico dei cantici.



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