Parto svantaggiato nella corsa con me stesso.
Non sono a conoscenza di cose che mi riguardano.
Così agisco di conseguenza, spesso prendo decisioni affrettate
che hanno però una latenza da belle addormentate:
praticamente dannato da un'inerzia patriarcale
compio solo scelte marginali
sufficienti ad appagare il mio sistema elementare.
Di base, prendere una posizione e fare
restano per me, due momenti separati.
Vittima di una contemporaneità, simultanea e atemporale
mi adagio in un sistema di proroghe
dove ogni problema è demandato a soluzioni di comodo.
Rappresento un oltraggio per il me stesso
che vorrebbe provare a vivere la vita
ma lo stesso non ho forza né coraggio
per superare questa prova.
Da solo faccio più fatica.
E' già qualcosa se riesco a chiedermi perdono.
Tuttavia, meglio soli che male accompagnati
è un consiglio da seguire
oggi più che mai, che siamo tutti sfortunati.
Poi capisco che è la scusa per non tornare presentabile.
Complice di uno stato di natura che mi vuole invalido
marcio in direzione precaria
per non marcire in una gabbia intellettuale.
Se mi avvento, sono avventato
come un bradipo che attraversa la strada.
Facile preda di canti di sirene
non distinguo più gli allarmi
e prevenuto ma non pronto, a quello che accade accada
me ne vado sui binari a contare i treni di passaggio.
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