Se oggi penso a quella famiglia, in fondo mi viene da sorridere.
Le cene, i pranzi, in una atmosfera quasi da novella di un novecento
alto borghese, tra persone di diversa età, diverso mestiere ma della stessa adeguata provenienza, dove il tempo si infila negli interstizi del vissuto
tra chiacchere, sfoggi di erudizione e gesti di patetico sussiego.
Ma su questa umanità varia e, in fondo, un po triste ( come avrebbero detto ) glissons..
Quello che, invece, ricordo meglio è l'egemonia culturale: qui occorre
fare chiarezza, tra le letture di tanti giornali, saggi, libri,
il minimo comune denominatore è questa forma di dominio, direi quasi
una specie di imposizione della propria visione della vita
forse non esplicitamente voluta ma inconsciamente innata.
Quando si dice di avere la ventura di assistere alla cultura che diventa una classe.
Senza voler scomodare Gramsci, la modalità culturale di questa
simpatica famiglia alto - borghese, ben consapevole di esserlo fin nel midollo
ma altrettanto pronta a negarlo, è facilmente smascherabile.
E' la larvata, ma non ben nascosta, volontà di dominio di una parte culturale, dicevamo alto borghese, su quella del proletariato.
E' inutile aver studiato, letto, aver conseguito lauree e diplomi, aver un curriculum
adeguato, qui signori si nasce e non basta, colti si nasce, è escluso a priori pensare che senza un adeguato pedigree si possa essere considerati alla pari; la patina proletaria ti si appiccica addosso per sempre e non ci sono lavacri che possano portartela via.
Non è neppure questione di soldi, semmai di proprietà, ma questa è un'altra storia.
La modalità culturale, come un fiume carsico, ogni tanto sembra improvvisamente scomparire e, si capisce, con uno sforzo intellettuale appena appena intuibile; per poi ricomparire alla luce, più educata ed elegante di prima: avresti preferito uno schiaffo ben dato.
( fine prima parte)
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