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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Je trouvais que c’était un peu trop bien dit

di Marcel Proust (Biografia)

Proposta di Redazione LaRecherche.it

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Pubblicato il 10/07/2012 12:00:00

[ Traduzione di Alessandra Ponticelli Conti ]

 

 

Je trouvais que c’était un peu trop bien dit, mais elle sentit que je trouvais que c’était bien dit et elle continua, en s’arrêtant un instant, quand sa comparaison était réussie, pour rire de son beau rire qui m’était si cruel parce qu’il était si voluptueux: «Mon Dieu, à l’hôtel Ritz je crains bien que vous ne trouviez des colonnes Vendôme de glace, de glace au chocolat ou à la framboise, et alors il en faut plusieurs pour que cela ait l’air de colonnes votives ou de pylônes élevés dans une allée à la gloire de la Fraîcheur. Ils font aussi des obélisques de framboise qui se dresseront de place en place dans le désert brûlant de ma soif et dont je ferai fondre le granit rose au fond de ma gorge qu’elles désaltéreront mieux que des oasis (et ici le rire profond éclata, soit de satisfaction de si bien parler, soit par moquerie d’elle-même de s’exprimer par images si suivies, soit, hélas ! par volupté physique de sentir en elle quelque chose de si bon, de si frais, qui lui causait l’équivalent d’une jouissance). Ces pics de glace du Ritz ont quelquefois l’air du mont Rose, et même, si la glace est au citron, je ne déteste pas qu’elle n’ait pas de forme monumentale, qu’elle soit irrégulière, abrupte, comme une montagne d’Elstir. Il ne faut pas qu’elle soit trop blanche alors, mais un peu jaunâtre, avec cet air de neige sale et blafarde qu’ont les montagnes d’Elstir. La glace a beau ne pas être grande, qu’une demi-glace si vous voulez, ces glaces au citron-là sont tout de même des montagnes réduites à une échelle toute petite, mais l’imagination rétablit les proportions, comme pour ces petits arbres japonais nains qu’on sent très bien être tout de même des cèdres, des chênes, des mancenilliers; si bien qu’en en plaçant quelques-uns le long d’une petite rigole, dans ma chambre, j’aurais une immense forêt descendant vers un fleuve et où les petits enfants se perdraient. De même, au pied de ma demi-glace jaunâtre au citron, je vois très bien des postillons, des voyageurs, des chaises de poste sur lesquels ma langue se charge de faire rouler de glaciales avalanches qui les engloutiront (la volupté cruelle avec laquelle elle dit cela excita ma jalousie); de même, ajouta-t-elle, que je me charge avec mes lèvres de détruire, pilier par pilier, ces églises vénitiennes d’un porphyre qui est de la fraise et de faire tomber sur les fidèles ce que j’aurai épargné. Oui, tous ces monuments passeront de leur place de pierre dans ma poitrine où leur fraîcheur fondante palpite déjà. Mais tenez, même sans glaces, rien n’est excitant et ne donne soif comme les annonces des sources thermales. À Montjouvain, chez Mlle Vinteuil, il n’y avait pas de bon glacier dans le voisinage, mais nous faisions dans le jardin notre tour de France en buvant chaque jour une autre eau minérale gazeuse, comme l’eau de Vichy qui, dès qu’on la verse, soulève des profondeurs du verre un nuage blanc qui vient s’assoupir et se dissiper si on ne boit pas assez vite.»

 

 

(Testo tratto da La Prisonnière)

 

*

 

Mi pareva che fosse detto un po’ troppo bene, ma lei si accorse che mi era sembrato detto troppo bene e continuò, fermandosi un istante allorché si rese conto che il paragone era riuscito, per ridere con la sua bella risata che mi giungeva così crudele perché tanto voluttuosa: “Mio Dio, spero tanto che all’Hôtel Ritz troviate delle colonne Vendôme di gelato al cioccolato, o di lampone, e allora ne serviranno parecchie perché assumano l’aspetto di colonne votive o di piloni innalzati in un viale in omaggio alla Freschezza. Fanno anche degli obelischi di lampone che spunteranno ora qui ora là nel deserto cocente della mia sete e di cui farò fondere il granito rosa in fondo alla gola che essi disseteranno meglio delle oasi (e qui scoppiò in una risata profonda, o per la soddisfazione di aver parlato così bene, o prendendosi in giro per sapersi esprimere con immagini tanto logiche, o, ahimè!, per il piacere fisico di sentire qualcosa di così buono, di così fresco, che le produceva l’equivalente di un godimento). Quei picchi di gelato del Ritz assomigliano talora al Monte Rosa, e anche, se il gelato è al limone, non mi dispiace affatto che sia di forma monumentale, che sia irregolare, ripido come una montagna di Elstir. In questo caso non deve essere troppo bianco, ma un po’ giallastro, con quell’aspetto di neve sporca e livida che hanno le montagne di Elstir. Il gelato, anche se non grande, sia pure, se volete, un mezzo gelato, quei gelati al limone sono lo stesso montagne ridotte a una scala piccolissima, ma l’immaginazione ristabilisce le proporzioni come per quegli alberelli giapponesi nani che avvertiamo essere comunque cedri, querce, manzanigli; così che, se ne mettiamo qualcuno lungo un piccolo rigagnolo, in camera mia, avrei un’immensa foresta che declina verso un fiume e dove i bambini si perderebbero. Allo stesso modo, ai piedi del mio mezzo gelato giallastro al limone, vedo distintamente dei postiglioni, dei viaggiatori, delle diligenze, sui quali la mia lingua s’impegna a far rotolare delle valanghe ghiacciate che li inghiottiranno (la voluttà crudele con la quale disse questo eccitò la mia gelosia); nella stessa maniera, aggiunse, in cui mi do da fare per distruggere con le mie labbra, pilastro dopo pilastro, quelle chiese veneziane di un porfido di fragola e di far cadere sui fedeli ciò che avrò risparmiato.

Sì, tutti questi monumenti passeranno dal loro sito di pietra nel mio petto, nel quale già palpita la loro freschezza fondente. Ma vi dirò, anche senza gelati, non c’è niente di più eccitante e che metta sete come gli annunci delle sorgenti termali. A Montjouvain, da Mademoiselle Vinteuil, non c’era un buon gelataio vicino, ma in giardino facevamo il nostro giro di Francia bevendo ogni giorno un’acqua gassata sempre differente, come l’acqua di Vichy, che non appena la si versa innalza dalle profondità del bicchiere una nube bianca che si placa lentamente e si dissolve se non si beve subito”.

 

 

(Testo tratto da La Prigioniera)



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