Pubblicato il 15/05/2015 16:59:29
Al mercatino di piazza MarinaSpesso la domenica, per soddisfare le mie insaziabili curiosità, mi ritrovo a peregrinare per il mercatino “dell’antiquariato” di piazza Marina. Per chi non vi fosse mai stato, dirò che trovo entusiasmante questa mia abitudine perché consente una sorta di “ritorno alle origini”, nel senso che, abituati come siamo alle frequentazioni degli ipermercati ,dove tutto è prestabilito nei minimi particolari e gli affari sono solo per la proprietà, trovo interessante tuffarmi in questa realtà commerciale ancora legata alle tradizioni. Guardando tra le improvvisate bancarelle, piene di ogni “recente antichità”, non è difficile trovare tra mille oggetti le “cose” che da bambino potevi trovare nella casa della nonna. Ed ecco che vedi un vecchio barattolo d’alluminio e subito ti tornano alla mente i biscotti che ti faceva la zia; vedi una vecchia radio a valvole e rammenti le interminabili serate trascorse ad ascoltarla. Ti tornano alla mente persino improbabili sapori di cibi, forse mai realmente mangiati, ma gustati attraverso l’immaginazione nutrita dall’entusiasmo. Ed ecco che ti imbatti in un “negozio” formato da una tovaglia distesa sul marciapiede che ospita in bella mostra due grammofoni a tromba e tutta una serie di dischi golden age di cantanti lirici, che vanno da Tamagno a Caruso ,a Schipa , a Gigli. Tutti all’epoca “gettonatissimi”. La particolarità di questi mercati è data dal vociare della gente, dalle infinite contrattazioni che un orecchio attento può cogliere e che sono spesso motivo di ilarità o di nuovo apprendimento. Ma a un certo momento vedo una bancarella piena di scatoloni stracolmi di vecchie fotografie, mi avvicino, ne prendo qualcuna, le sfoglio: in alcune riconosco il Commendatore Antonio, il papà di un mio compagno delle Medie. Il commendatore era ritratto con la sua famiglia sulla sua Fiat millecento, simbolo di benessere dell’epoca. Diedi allora uno sguardo più attento anche ad altre fotografie, ma senza riconoscere nessuno. Ad un tratto realizzai che quelle centinaia di foto che si trovavano sui banchi, non erano che un condensato delle speranze, delle aspirazioni più o meno deluse di tutte le persone che vi erano ritratte. Fotografie di persone che non avendo un seguito, o per chissà quali altri motivi che non ipotizzo, si erano accumulate presso i bidoni della spazzatura, e infine erano state traghettate sulle bancarelle del mercatino. M’è venuto in mente che il commendatore e tutti quei volti, siamo noi tutti e che anche le nostre fotografie potrebbero un giorno affacciarsi alla ribalta dei mercatini per rivivere un’effimera danza del cigno, per poter far dire a qualcuno: ” chissà chi cazzo era”.
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