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la casa della fortuna

di Amabilino Michele
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Pubblicato il 07/02/2019 09:47:49

LA CASA DELLA FORTUNA

Racconto di Michele Amabilino

1994 in un paesino del Molise…

-Geraldo, Geraldo, apri presto…-gridò una voce di uomo, picchiando su di una porta grezza e tarlata. Dopo un po’ qualcuno aprì l’uscio di casa e si affacciò fuori a guardare. Si trovò davanti un vecchio, curvo e magro come un chiodo, vestito di nero. Quest’ultimo disse con voce alterata: -Tuo figlio Luca si è infortunato, è caduto da una scala e si è rotto una gamba. E a casa sua che cammina con una stampella. Il vecchio Geraldo borbottò qualcosa poi alzò il tono della voce, piuttosto alterato :

-Accidenti, questo non ci voleva. E per quanto starà così? Il medico del paese che ha detto ? Ma entra pure compare Mariano che le offro un goccio. Il vecchio curvo e magro di nome Mariano :

-Dormivi ?

-Si. Il vecchio Damiano entrando nella misera dimora :

-Hai cucinato qualcosa con l’aglio ? Si sente ad un miglio di distanza.

Il vecchio Damiano si sedette mentre il padrone di casa portava dei bicchieri e una bottiglia di rosso.

-Bevi un goccio… è quello buono.

I due si misero a parlare, a bere poi il vecchio Geraldo prese il cappello nero e il bastone e disse :

-Andiamo da Luca… - e così dicendo chiuse la porta di casa con una grossa chiave, sospirò guardando la sua misera dimora fatta di pietre poi si incamminò con il compare lungo la strada in terra battuta fiancheggiata da vecchi alberi. Arrivarono nel cuore del paese e tra le tante abitazioni, si diressero verso una in particolare dai muri calcinati , a due livelli abitata da povera gente. Geraldo era un vecchio contadino in pensione, vedovo da molti anni, viveva da solo, appartato, in una casupola isolata dal paese, aveva quasi novant’anni ma se li portava bene, lucido e autosufficiente. Il vecchio Geraldo aveva ereditato dal genitore una grande casa a due livelli alle porte del paese, era ormai un rudere sopravvissuto ai bombardamenti dell’ultima guerra e tristemente nota a tutti gli abitanti di quel povero paese, una casa che era stata un quartier generale dei tedeschi, una casa che non godeva buona fama e Geraldo ne era il proprietario. Il suo sogno ? Risparmiare denaro per ristrutturarla e poi regalarla ai suoi tre figli, Simone, Luca e Giovanni. Era riuscito a risparmiare denaro per tutta la vita e finalmente ora possedeva la somma necessaria per i lavori. Avrebbe chiamato i suoi figli come muratori per la vecchia casa nazista, l’avrebbe rivista rifiorire riportandola agli antichi splendori, ripulita dagli orrori della Storia. In paese quella casa aveva un nome. La chiamavano la Vecchia Tedesca. Geraldo spesso si recava colà ad osservarla ricordando gli anni giovanili. Dal balcone del primo piano, ricordava di aver visto da ragazzo sventolare una bandiera nazista, gli sembrava di sentire ancora nell’aria, le voci dei soldati, degli ufficiali, di rivedere le loro divise, le armi, i carri armati, le auto, i cannoni, le mitragliatrici da campo, i camion dei soldati. Una notte, erano fuggiti come conigli, consapevoli della loro disfatta, per sottrarsi alle truppe alleate di liberazione, ai partigiani. Una notte che per tutti era ricordata come la fine della guerra e la disfatta del regime nazista. Qualche volta, toglieva la catena della porta principale, girovagava per le stanze, inseguendo ricordi, osservando i muri, le stanze che raccontavano un pezzo di Storia scritto con il sangue. I due vecchi attraversarono le strade del paese e si dirissero verso una povera casa tra le tante. Bussarono ad una porta e qualcuno si affrettò ad aprire e farli entrare in una grande stanza arredata di povere cose, animata dai giochi di alcuni bambini e da due donne indaffarate nel preparare un pasto caldo. Il vecchio Geraldo ai presenti:

- Dov’è l’infortunato ?

A quella domanda sbucò da una seconda stanza un uomo di mezza età che camminava a fatica con una stampella-

  • Sono qui, con qualche ammaccatura – disse amaro.

  • Il vecchio Geraldo guardò suo figlio con apprensione, si sedette stancamente su di una sedia e aggiunse con un sospiro :

  • Non potrai lavorare per un po’ ma tranquillizzati, dì a tua moglie di non preoccuparsi per questo, la famiglia ti aiuterà. I tuoi fratelli Simone, Giovanni ed io, provvederemo per le tue necessità. Siamo una famiglia unita e… adesso qualcuno ci offra un goccio di vino che abbiamo sete…- e così dicendo, invitò il compare Damiano a sedersi e a bere con lui. Una donna un po’ appesantita nella figura, vestita dimessamente, portò una bottiglia e due bicchieri. Il vecchio Geraldo :

  • Qualcuno chiami Simone e Giovanni, ho qualcosa da dire…

  • Una donna passò l’ordine ad un ragazzino presente nella casa che prontalmente si prestò al servizio. Dopo un paio di minuti, entrarono due uomini, si guardarono intorno ed uno di essi disse con curiosità :

  • E allora, ci sono novità ?

  • Il vecchio Geraldo :

  • riguarda la Vecchia Tedesca..ho i soldi per ristrutturarla e voi lavorerete nel tempo libero per rimetterla a posto. Sarà la vostra casa, c’è la possibilità di ricavare 3 alloggi abbastanza comodi per le vostre famiglie. La notizia entusiasmò tutti i presenti e si diffuse in tutto il paese e tutti lodarono la generosità del grande vecchio. Dopo i normali premessi presentati alle autorità locali per la ristrutturazione dell’edificio, finalmente arrivò il giorno per l’inizio dei lavori. Per prima cosa bisognava rifare il tetto, poi i muri esterni, la divisione di tutta la struttura in 3 alloggi connessi. Occorreva aprire delle porte, finestre, costruire scale interne e poi i lavori ai locali interni ecc.. Di tanto in tanto il vecchio Geraldo andava a fare visita alla Vecchia Tedesca ma non era il solo. C’erano altri, vecchi in maggioranza, che curiosavano ed era un pellegrinaggio continuo di curiosi. I lavori continuavano nella Vecchia Tedesca, era stato rifatto il tetto, i figli del vecchio Geraldo avevano recintato con una rete tutto l’edificio per impedire ai curiosi di entrare all’interno della costruzione perché c’erano macchine, materiale poi un giorno, accadde qualcosa… Erano circa le 5 pomeridiane, faceva freddo perché già in tardo autunno quando qualcuno, bussò nervosamente alla porta della povera dimora del vecchio Geraldo. Questi aprì l’uscio e vide visibilmente scosso il figlio maggiore Giovanni. Aveva buttato per terra una vecchia bici ed era quasi sconvolto.

  • Papà, devi venire subito alla Vecchia Tedesca, ti dobbiamo parlare… Il vecchio sorpreso, visibilmente preoccupato, aggiunse :

  • Mi stavo preparando una tazza di caffè, ho la caffettiera sul fornello acceso…

  • Spegni il gas e vieni via con me.

  • Ma che diavolo è successo ? – tuonò nervosamente il vecchio.

  • E non te lo posso dire – aggiunse con agitazione l’uomo – dai, vieni che ti porto sul telaio della bici. Il vecchio pensieroso si affrettò a spegnere il gas, chiuse la porta di casa con la chiave e salì sul telaio della vecchia bici che partì a fatica gravata dal peso di due persone. Raggiunse l’edificio in ristrutturazione e vide gli altri suoi figli ad aspettarlo.

  • Allora ? – disse il grande vecchio – che cavolo succede qui ? I figli lo presero sottobraccio e lo portarono dentro l’edificio, chiusero la vecchia porta alla meglio e uno di essi, Luca, disse visibilmente euforico : - Papà siamo ricchi !

Una risata nervosa, incredula, fu la risposta del vecchio.

  • Siete tutti impazziti ?

  • Luca a questo punto :

  • Abbiamo trovato un tesoro, è qui nella seconda stanza, occultato da una parete… Lo stupore si dipinse nella faccia del vegliardo, incredulo a quelle parole. Balbettò : - Dov’è ?

  • I figli lo portarono dentro una seconda stanza, lo fecero sedere su di una cassa che serviva come tavolo per il pranzo. Giovanni : - La vedi quella parte in fondo alla stanza ? Abbiamo aperto una breccia quando abbiamo scoperto una stanzetta segreta, ma vieni con noi che ti facciamo vedere… E lo portarono sul posto. Il vecchio sentì le gambe tremare, i figli capirono lo stato d’animo del padre e lo presero sottobraccio. Uno di essi disse : - Fai attenzione, ci sono mattoni rotti e calcinacci… Il vecchio si appoggiò con la mano sul bordo della parete, guardò dentro e quasi si sentì mancare dall’emozione. Nel buio del vano vide delle casse, alcune aperte, altre impilate e chiuse, pieni della polvere del tempo, vide in una cassa aperta, una incredibile quantità di anelli, bracciali, spille, collane d’oro e poi, in un’altra aperta, lingotti del prezioso metallo. Era una quantità enorme che dava un senso di vertigine. Disse con un fil di voce :

  • - Cos’è tutto questo ? E il figlio Luca gli rispose :

  • -La nostra fortuna perché questa è la casa della fortuna. Giovanni si affiancò al genitore e aggiunse :

  • Non so quantificare il valore di quest’oro, di certo è bottino di guerra i nazisti non hanno fatto in tempo a portarlo via quando sono fuggiti dal paese. Forse…ci sono milioni di lire…

  • Simone :

  • - Vorrai dire…miliardi di lire e sono nostri. Luca :

  • - Ma se denunciamo queste ricchezze alle autorità, ce li sequestrano ?

  • Giovanni :

  • Perché mai dobbiamo farlo ? Sono all’interno della nostra casa…

Il vecchio Geraldo con voce tremante :

  • Figli miei, guai a voi se dite tutto questo a qualcuno… Ed essi, quasi in coro, lo rassicurarono:

  • Nessuno di noi dirà una parola ma dobbiamo capire come fare per trasformarli in denaro.

Il vecchio Geraldo :

  • Forse un sistema c’è… Pippo lo strozzino, lo conoscete, lui può aiutarci.

  • Quello ? – rispose infastidito Giovanni è un tipo poco raccomandabile. Luca :

  • -… ma l’unico che possa aiutarci. Giovanni :

  • Ci mangerà una fortuna !

  • Il vecchio :

  • - Qui c’è tanto oro da permettersi di ingozzarlo. Simone :

  • - Lo contattiamo, per intanto, sospendiamo i lavori e a rotazione, facciamo la guardia a questa casa. E mi raccomando, silenzio anche con le nostre famiglie.

Uscirono, chiusero le finestre, con la catena la vecchia porta, il recinto. Luca si fermò a controllare che tutto fosse in sicurezza poi aggiunse :

Questa sera farò il primo turno di guardia alla casa, domani tu Giovanni , il secondo turno e così a rotazione. Intanto ritorniamo alle nostre case. Quella sera Luca per giustificare alla moglie e ai figli il suo lavoro extra di guardiano notturno alla Vecchia Tedesca, inventò una storia di furti di materiale e questa versione fu la stessa che fornirono gli altri due fratelli alle rispettive famiglie. Nei giorni seguenti fu contattato lo strozzino, chiamato alla Vecchia Tedesca per un colloquio di affari. Ma chi era Pippo lo strozzino ? Un uomo quasi vecchio con una grossa testa in un corpo piccolo e gracile, deformato da una gobba, occhi piccoli e neri, mobilissimi, un naso pronunciato come quello di un rapace. Gestiva un modesto negozio di alimentari nel paese ma questa attività era una copertura per altri interessi. Single, viveva in una casa squallida in compagnia di quattro grossi cani, girava in paese e altrove con una Fiat 1200 del 1961 a quattro porte e di color nero. Ecco come si svolse il colloquio…

Il vecchio Geraldo :

-…allora Pippo ti abbiamo fatto vedere il tesoro, compari in un affare colossale ma…sei sicuro di riuscire a vendere l’oro ? Lo strozzino con entusiasmo :

- Ma certo… però mi servirò di alcuni miei uomini fidati per il cambio e poi, per il contante, consiglio dei prestanomi di mia conoscenza, naturalmente prezzolati. E’ necessario…

- Ma così non c’è il rischio di un imbroglio ? – tuonò il vecchio Geraldo. L’usuraio :

- Rispondo io dei miei ragazzi, sono un uomo d’onore. L’uomo chiamò Luca :

- Papà, questa storia non mi piace…dobbiamo fidarci di estranei…

Il vecchio Geraldo ci pensò un po’ poi concluse con lo strozzino :

  • Allora siamo intesi faremo un carico di oro con un camion e tu te ne occuperai per il cambio in lire e dei prestanomi. A proposito, secondo te, quanto ricaveremo in soldi ?

  • - La stima approssimativa è… di 100 milioni di lire , divisibili – rispose l’usuraio. Il vecchio Geraldo:

  • Come riusciremo a prendere la nostra parte ? L’usuraio :

  • Io stesso passerò parola ai prestanomi consegnando loro il denaro, essi vi trasferiranno i soldi suoi vostri conti bancari in qualsiasi città e voi controllerete le cifre versate a vostro favore, si intende lorde, perché da considerare il profitto dei prestanomi. Giacomo :

  • E per il secondo carico ? immagino di notte…

  • L’usuraio :

  • Certamente. Il secondo carico la seconda settimana con destinazione altre città e di questo mi occuperò io personalmente. Il vecchio Geraldo :

  • Pippo, secondo te qual è il valore totale di tutto questo oro ?

  • Miliardi di lire- rispose con certezza lo strozzino che aveva visto l’enorme ricchezza .

  • Son troppi per noi – commentò preoccupato Geraldo.

  • E allora ? che facciamo, buttiamo tutto il resto ? – aggiunse il figlio Luca. Così poco alla volta preda dalla febbre dell’oro si erano imbarcati in un’operazione poco pulita, poco legale, perché era opinione di tutti , che quell’oro appartenesse alle autorità ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro denunciare la presenza di quella montagna d’oro bottino di guerra in quella casa che era stata un quartiere generale nazista. Per il trasporto erano fortunati per il fatto che la vecchia costruzione ex nazista si trovava all’inizio del paese , un posto poco illuminato e privo di ogni abitazione e quindi inosservato. Ogni settimana, di notte partiva un carico così, il vecchio Geraldo si trovò un consistente patrimonio in un conto corrente bancario, una cifra che sfiorava i 100 milioni di lire, anche i suoi figli avevano osservato i loro conti, le somme a loro favore e questo ingigantiva il loro entusiasmo. Pensavano di fare altri soldi, di diventare ricchi sfondati perché l’oro che stava nascosto nella vecchia casa in ristrutturazione, sembrava non finire mai. Anche lo strozzino e i suoi compari gioivano dei loro lauti guadagni e sognavano altri soldi, tanti ancora ma il destino aveva deciso qualcosa, in negativo per tutti…

Accadde una notte, il vecchio Geraldo si trovava alla Vecchia Tedesca, fuori con una lampada da campeggio in mano accesa, ad aspettare il camion dello strozzino e dei suoi brutti ceffi dei suoi compari, per fare un altro carico ma quella notte era destino che accadesse qualcosa di inaspettato. Il vecchio Geraldo si trovava fuori della casa, ad aguzzare gli occhi, a guardare lontano, la vecchia strada in terra battuta che portava al paese, già vedeva i fari del camion in lontananza, quando all’improvviso, udì come un brontolìo poi un sinistro scricchiolìo, si voltò in direzione della casa e quello che vide a momenti gli provocò un infarto, poco alla volta la pavimentazione della strada dove era edificata la casa, cedere come in un evento sismico, sentì paurosi scricchiolii e poi vide dei calcinacci dell’edificio staccarsi dalle pareti, impaurito indietreggiò, verso l’esterno, allontanandosi dall’edificio mentre sopraggiungeva il camion. A questo punto, improvvisamente, nella poca luce di un lampione vicino, vide una crepa nel suolo poi aprirsi una voragine che inghiottiva un muro maestro, tra il fragore assordante e poi, ancora, altri muri e tutto quanto affondare in un crepaccio che sembrava profondo, come un abisso, come le porte dell’inferno. Tutto cadde all’interno della voragine tra la polvere, il fragore dei muri sgretolati e il terrore del vecchio e di quanti stavano all’interno del camion che si era fermato quasi di colpo. Una nuvola di polvere oscurò la loro vista e quando essa si sollevò rivelò nel terreno una profonda buca dove la casa era implosa. Il vecchio Geraldo balbettò qualcosa, gridò a squarciagola la sua disperazione, guardò sul ciglio della buca e vide qualche pietra dell’edificio e nient’altro. Era tutto precipitato in una caverna profonda chissà quanti metri sottoterra, forse scavata dall’acqua, una caverna che aveva seppellito il suo tesoro, la sua smania di ricchezza.

2019

 


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