Insisto
sono implacabili i giorni
legnose le ore che discendono il fiume
e il nostro petto allontana
tutto ciò che è randagio
Meglio accingersi a disporre parole
che sopravvivano a quel che mai
è definitivo
come un aereo che si schianta
un pettine che si spezza
una coppia satinata
che si scrosta
un ombrello che si buca
un portone altissimo che marcisce
una parete che rovescia fuori piccoli topi bigi
Solo una ragnatela di ricordi
non si turba all'aria spaccata
dal tuono ed anzi è un gerundio
che prelude a una seconda nascita
ammesso che si sappia ascoltare
la risposta da un luogo più isolato
della errabonda e infruttuosa
solitudine e non sorprenda il fischio
del merlo né si spenga la lucciola nel faro
Abbiamo ginocchia dure punte dal frumento
piedi ostinati che tengono dietro al sentiero
più scosceso dita incoscienti e lingue
che incoronano il lume della ragione
spesso irrorate però dal disordine dei sentimenti
Nei suoi soliloqui mia madre apriva
grandi braccia sferzate da capelli infuriati
mentre temeva il fortunale sulle strade del mare
Io vorrei l'onore di un atto compiuto
in una terra buona per i versi
versi che lascino un segno delicato
ma non labile come graffio di gesso
Insisto
voglio calarmi in una tomba
senza allarmi e senza fiori cagionevoli
Depormi addosso una poesia
con l'unica fama d'essere stata
composta
*
Nessuno cercherà la tomba
del poeta
quand'egli avrà detto
È il momento dell'orchidea nera
Né scuoteranno dalla polvere
i suoi fogli
S'illuse in vita d'esser fiaccola
adesso non è più che ventilata
fuliggine e non c'è catalogo
che all'asta metta le sue ossa
Amò l'ombra gentile
e il gentile rovescio del fragore
in terre accessibili e fatue
Lesse Bataille e potente la voce
di Joyce Mansour
Sprezzò l'oro sull'orlo del pozzo
e gli sbuffi della cortigianeria
nutrito come un pesce nella boccia triste
tenuta in un favo di silenzio e buio
Nessuno troverà quel che fu suo
ed egli resterà nel grembo scontroso
dell'ulivo senza temere i colpi
della vanga o compiacersi della chiarità
di una preghiera nella ciotola dell'acqua
Fuori continuerà il mercato dei primati
con pavoni inabissati nell'evanescenza
del rivoltante sgomitare e bisognerà
dissimulare il dolore prima che sporchi le ciglia
Non si spezza mai la vanità
ingorda di uova di civetta
di sfavillanti nastri su palchi tintinnanti
di glorie su barca che àncora affida
all'indifferenza peggiore della morte
Ma non importa
resta il privilegio d'aver offerto appoggio
all'allodola che si compiacque di planare
e aver armato piccolo carro di battaglia
contro le cattedrali della boria
il dispotismo che preferisce anime inani
e ricchi epuloni col vizio dell'applauso
Sono brulle stagioni
in punta di catena
e aver parlato al mondo
non più è stato
che un frugare
nella sabbia serica
vacua
*
Orario morto al bar
schermo che blatera le solite notizie
Dietro il banco il ragazzo
consuma lo straccio sul ripiano
avanti e indietro
da tempo immemorabile
da quando forse sfilavano carrozze
e tossicchiavano i primi tram
Le poche paste si vergognano
del dolciastro mosciore
palpato dalla proboscide
della stessa mosca eterna
l'aria condizionata s'è ritirata
sotto ascelle sudate e non tira respiri
Cosa accadrà al mondo dell'eternità
frattanto
Si materializza un nano
fatica a inerpicarsi sullo sgabello
Come si fa a dargli una mano senza offenderlo
potrebbe insultarti
disintegrare la tua buona intenzione
sotto le ruote dentate di un ringhio
Cave signatum si dice
Bisbiglia qualcosa come appena
inginocchiato al confessionale
Il ragazzo gli sorride o maschera
una derisione che somiglia
a una pesca sbucciata in fretta
morsa e ingoiata
Traffica gli pone davanti senza cerimonie
un bicchiere colmo di sangue
e cavallette da sgranocchiare in un piattino
Sono buone non avere pregiudizi
mi sussura la ragazza
materializzata dalla musica di una pubblicità
Posso sedermi mi offri qualcosa non ho mangiato
La gente è nemica della vera arte non capisce
mi sono fatta cacciare dall'accademia
fa' niente troverò lo studio di un pittore
gli farò da modella e toglierò le mutandine
mi accetterà come una Jeanne Hébuterne *
e quando diventerò famosa
andrò a pisciare nelle orecchie a tutti quanti
venderò tanti quadri e il prezzo
il prezzo potrebbe essere la morte
Se credi me li sfilo qui adesso
gli slip li puoi annusare per una prima colazione
e potrei farti il ritratto nudo
sei un bell'uomo non come quel barista
femmeniello che si depila e rifa le sopracciglia
Quattro anni son durata accanto a uno che mi amava
più di me
Non era ricco non era vecchio non era male
ma proprio questo faceva la differenza
Prima che il desiderio di appiccargli fuoco
mi desse alla testa sono scappata
e il frutto della solitudine mi ha fecondata
Ho dormito dove capitava e mi sfamavo
al buffet di poeti e artisti
senz'ascoltare una parola
di puerili stronzate
uno starnazzare credi un cornacchiare
e disprezzando
tele orride da patttumiera
Vorrei un croissant con marmellata d'arancia se c'è
e una cioccolata fredda
e magari un tramezzino
Non è dato farsi illusioni su quel che
tra me e te dopo accadrà
Ho molto sonno
un sonno di tristezza e glassa bianca
se mi capisci un sonno zuccherato
Se ora chiudi gli occhi oppure
se ti volti
non mi trovi più
Decidi in fretta ho sonno
un sonno di tristezza e glassa bianca
un sonno zuccherato
NOTA: detta 'noix de coco', si uccise al nono mese di gravidanza dopo la morte di Modigliani. Il suo epitaffio: "Compagna devota fino all'estremo sacrifizio"
*
Languida è la tua pelle
Temo di lacerare qualcosa
con la compassione
che queste dita
provano per la bellezza accecata
Ma la grazia è un segno sonoro
ed è veggente dei sofferti dubbi
di passaggio
Sarebbe così strano
notare che l'insonnia
poggia su un violino astratto
e che l'amore mai rinuncerà
ai fiati flautati del suo tormento
Sarebbe un po' volgare
racchiudere il ribrezzo del declino
in pochi versi che son ossa cave
sarebbe incomprensione della forza creativa
e niente in grado d'opporsi
a ottundimento di vecchiaia
a vene che respingono il sangue
a disperazione frammentata
in poche lettere lette con l'avidità
di chi dimentica le sensazioni umane
di chi annotta il suo cuore
di chi rende dal di dentro
rallentati i gesti e sia in pensiero
seriamente per l'inerzia
E c'è chi ritiene sovrastimato
l'incalzare di un bacio
chi pretende slegati i destini
in una leggerezza paradossale
C'è chi trova angusto
l'intimo rapporto
tra la purezza della eco
e la maturità della circostanza
C'è che un bacio
è un egoismo naturale
che in un viola suggerito sfuma
ed ha sostanza di fiamma
nella esitante implorazione primaverile
improvvisa
come in un bruciore soffice
dei venti
*
Nessuno avrebbe detto
che fosse così piacevole
intrattenersi occhi negli occhi
accucciarsi
come se si indossasse un abito
molto elegante
e si reggesse levissima una tazzina
proprio di fronte
ad una strada chiusa da un fermaglio
Chi avrebbe detto mai
che toccasse all'abilità delle mani
stendere la curiosità di esplorarsi
e poi lasciar sfrigolare un fiammifero
La sera si affievoliva
come un lento prolungato sorso di bourbon
ed il letto aveva la qualità accidentale
delle stoffe in un bazar
Guastava assai la riflessione
sulla vecchiaia sull'abbandono
sui fossili di una natura morta
dentro al cuore che pregustava
nuova identità e niente amori inamidati
Mi chiamo Attilio
Io Diana
Costruisco case
Faccio cartamodelli
Ho una cena fredda e solitaria
Prendiamo un cartoccio di fave
All'improvviso ho freddo
E' passato l'angelo della morte
Mi fa male un ricordo
Con un bacio ti cade il dente
e non ci pensi più
Già non ci penso su
Chissà che aspetto hai tutto nudo
Ho sbagliato a spogliarti con gli occhi
magari mi smonta il colore del tuo reggipetto
O la tua erezione dorme nella ultima carrozza
Io dico ci proviamo
poi chissà vedremo
Sei tutto depilato
Non hai fatto la ceretta
come l'ex ragazza milanese
Lo facemmo nell'ascensore
cretini come cuccioli
Attilio mi sento profanata
Cosa
Da una tristezza strana
Così all'improvviso
Sì così all'improvviso
Prendi una boccata di fumo
settimane mesi forse anni seguiranno
O poche ore
Chi può saperlo perché pensarci
Vieni sono quattro scale
Non resisterò fino al pianerottolo
Sono bagnato anch'io
e ho perso le chiavi