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Breve storia veneziana

di Alessandro Carnier
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Pubblicato il 30/09/2021 05:39:20

Breve storia veneziana

 

Léna era seduta sui gradini del Redentore. La facciata di marmo bianca riverberava la luce del sole primaverile e ne amplificava il calore sulle gambe e braccia nude. Si era tolta il giubbino di pelle e lo aveva poggiato con delicatezza sopra la borsa per non macchiarlo. L'inverno era finalmente passato con le sue noiose giornate caliginose e quell'umidità tipica di Venezia, fatta da infinitesimali goccioline di pioggia sospese nell'aria che ti penetrano fin nelle ossa. Era uscita da scuola e voleva godersi quel bel sole, che con lo scorrere delle ore avanzava lungo tutta la Giudecca: sui tetti delle case, sugli stretti canali, sui campi e sulle reti dei pescatori. Di fronte a sé, a sinistra la Punta Della Dogana, e un po' più a destra il campanile di San Marco e la cattedrale. Poi il suo sguardo andava lontano lungo la Riva Degli Schiavoni e i giardini della Biennale. Léna mentre osservava, parandosi gli occhi con il palmo della mano si accorse che una figura al suo fianco le faceva ombra.

"Dèle spostati mi fai ombra!" Dèle era la sua compagna di banco.

"Lo so perché sei qua. Non è ancora passato?"

"Chi? Di chi parli?" 

"Di Dòlfo!"

"Ma cosa dici. Si sta così bene al sole." 

Léna fece finta di niente...

"Ha eccolo! Guarda laggiù." Lungo il canale avanzava una caorlina con sei rematori.

"Guarda... Dòlfo è il penultimo. Si vede, è l'unico coi capelli lunghi e biondi."

"Ha sì..."

"Ma Léna lo sanno tutti che ti piace!"

"Lo sanno tutti, meno io." Il biondo vogatore sfilò la bandana dai capelli e gridò: "Ciao Léna, ciao. Guarda che bel sole che splende nel cielo: oci celeste fà inamorare. 1"

Dèle sorrise: "Oci mori rubacuori.2 Ma guarda... non mi sembra il modo di fare di un estraneo." 

"Scherza pure, ma io non so cosa fare. Non mi fido, corre dietro a tutte le sottane. A me pare di: no ‘vere gnente da spartire." Nel frattempo Dòlfo fece un segno ai suoi compagni e la caorlina accostò lentamente.

"Léna cosa né dici se domani ti vengo a prendere e andiamo a fare un bagno al Lido?"

"Domani è domenica, dovrei studiare..."

"Mi devo mettere in ginocchio e pregarti, guarda che sole." D'olfo appoggiò il remo e congiunse le mani come sé stesse pregando.

"Va bene, ma non facciamo tardi perché mio padre el me cópà.4" 

"Dòlfo hai finito. Abbiamo fretta!" Gridarono in coro i cinque vogatori spazientiti.

"Va bene, va bene. Maledetta regata, andiamo avanti. Léna domani alle 9:0, ricordati!" Dòlfo si stava allenando con i suoi amici per la regata storica di settembre.

"D'accordo." La caorlina si allontanò e Léna si alzò dai gradini, indossando il giubbino e mettendo a tracolla la borsa. Dèle le si avvicinò, e insieme s'incamminarono lungo le Fondamenta S. Giacomo.

"Ma quanti problemi che ti fai... D'olfo è un bel ragazzo, anche se è drìto.5 "

"Parché xe drìto ? Fa il pescatore, cosa intendi dire?" 

"Il vongolaro, ma di quelli furbi."

"Ti ripeto Dèle, cosa intendi?" 

"Dicono che va a prendere le vongole dove non si dovrebbe..."

"Dicono tante cose, perché è bello ed è un bravo vongolaro. Sono solo invidiosi. Non lo sarai anche tu." Ribatté Léna seccata.

"Per me. Contenta te! Contenti tutti." 

“Non voglio litigare Dèle. Vieni alla festa domani da Checo?" 

"Vengo, vengo. Ciao Léna." Si era fatto tardi e Léna si avviò verso casa dove doveva fare i compiti e studiare italiano. Lunedì sarebbe stata interrogata.



Domenica mattina

 

Léna era passata per il giardino comunale della Giudecca e dei bimbi giocavano allegramente sullo scivolo posto al centro del parco con le mamme accanto, ma lei camminava veloce per arrivare fino alla piccola darsena dove aveva appuntamento con D'olfo, poiché era in ritardo. D'olfo l'attendeva sulla punta del molo in un barchino con motore fuoribordo Yamaha 700 da 25 cv., modificato e portato a 65-70 cv., con la radio a pieno volume. Léna lo sentì imprecare: "S-ciopà!7Mancavano pochi passi da lui e Léna vide l'imbarcazione ondeggiare vistosamente e sbattere sulla banchina.

"Imprechi di prima mattina D'olfo. Non mi pare un bel modo per iniziare la giornata."

"Hai ragione Léna, ma è quel desgrazià 8, che mi è passato d'avanti correndo dove non si può." D'olfo indicò un grosso motoscafo che si allontanava a gran velocità, dopo aver creato una serie di grosse onde che avevano fatto beccheggiare vistosamente il barchino.

"Ti sei fatto male? Fammi vedere la mano!" 

"No. Ho preso solo una botta, ma non è niente." Léna salì a bordo, mentre D'olfo accelerando prese la direzione per il Lido passando davanti alla Riviera S. Nicolò, poi lasciando sulla destra l'isola di Sant'Erasmo, proseguì costeggiando il molo col piccolo faro e in fine virò verso est oltrepassando il vecchio faro dismesso di Punta Sabbioni.

"Non andiamo al Lido?"

"No Léna, ho pensato che sulla spiaggia di Punta Sabbioni c'è meno gente la domenica in questo periodo. Conosco un posto dove si sta più tranquilli. Ti dispiace?" 

"No. Basta stare al sole e fare un bel bagno. Puoi abbassare il volume della radio?"

"Si scusa. Quando sono solo mi fa compagnia, è per questo che la tengo sempre accesa. Ma adesso ci sei tu..."

"Grazie." Lena si stupì della radio, e tra se pensò che fosse strano che D'olfo non usasse uno smartphone con cuffiette per ascoltare musica, come facevano ormai quasi tutti. La radio ad alto volume gli pareva fosse un'abitudine antica, sorpassata. D'olfo nel frattempo decelero la velocità del motore, e la prua del barichino si abbassò lievemente avvicinandosi all'arenile, poi gettò l'ancora dove il mare non superava il mezzo metro. In costume da bagno scese per primo e poi aiutò Léna a entrare in acqua senza bagnare i due zainetti contenenti gli asciugamani e il resto. Insieme raggiunsero la spiaggia semi deserta. Era primavera e gli ombrelloni si potevano contare sulle dita delle mani.

"Mamma mia che brividi..."

"Poi ci fai l'abitudine. Ti pare più calda, il corpo si abitua. Io mi bagno spesso, sono un pescatore." 

"Io no. Comunque l’aria no xe pì freda, al sòl se sta al caldo. 9 " Sistemarono gli asciugamani colorati e si stesero al sole per una mezz'ora. Parlarono di tante cose, Léna era all'ultimo anno del liceo e non sapeva se iscriversi all'università o andare a lavorare. D'olfo del suo lavoro: di quanto fosse stufo di faticare e alzarsi presto la mattina, sognava di prendersi una lancia, il tipico taxi acqueo veneziano di legno verniciato con diverse mani di gommalacca, non quelli in plastica o vetroresina. Lo descriveva nei dettagli: lo voleva con la prora coperta molto lunga, e con la tipica cabina a poppa. Fecero poi un veloce bagno, l'acqua era ancora fredda.



"Che frédo. 10 Io esco dall'acqua, non ci resisto." Léna uscì e si avvolse l'asciugamano sulle spalle, D'olfo la raggiunse poco dopo.

"Dai Léna andiamo a metterci fra le dune, più in là, così ci ripariamo dal borìn 11." Presero le proprie cose e si spostarono tra le dune più a monte della spiaggia, sulla cui sommità cresceva la tipica Ammophila littoralis, pianta erbosa che rallenta la velocità del vento. Non fu difficile per D'olfo approfittare dell'occasione, aveva una vasta esperienza di donne, soprattutto di turiste straniere in cerca di avventura, che adescava a Rialto o alle Zattere, o sedute al famoso caffè Florian, in piazza San Marco. Con la scusa di tenerle caldo abbraccio teneramente Léna, che lasciò fare. Forse non attendeva che questo... poi un bacio tirò l'altro, e come spesso avviene finirono semplicemente per fare l'amore, nascosti in una depressione interdunale. Solo un gabbiano che volava alto sopra loro, poteva vederli. A sera D'olfo accompagnò Léna a casa e credette di essersi innamorato di quella bella e giovane liceale, ma questa breve storia che avrebbe potuto continuare lietamente, venne interrotta bruscamente...

 

Era maggio inoltrato quando all'alba una lancia delle fiamme gialle fermò il peschereccio del padre di D'olfo. Vennero arrestati tutti e due insieme ad altri pescatori nell'ambito di una vasta operazione, e sequestrate l'imbarcazione e l'attrezzatura. L'accusa fu di pesca in acque vietate e di distruzione dell'ecosistema lagunare. Infatti furono rinvenute nel natante: gabbie, pompette e vibranti causa del violento sommovimento del fondale durante la cattura dei mitili e delle altre specie con l'inevitabile depauperamento ittico. Léna dopo la condanna cercò di andare a trovare D'olfo in carcere, ma i suoi genitori glielo proibirono. Lei dopo lo stress degli esami di maturità, che superò brillantemente, cadde in depressione e venne seguita da uno psichiatra. Per un lungo periodo fece uso di psicofarmaci. All'inizio della cura quando si avvicinava a un canale sentiva il desiderio di buttarvici dentro. Da bambina le era capitato di rischiare di annegare facendo a gara con i le sue amiche a tuffarsi nella zona più profonda di una piscina, vicino al trampolino, per recuperare una moneta. Mentre cercava non riuscendo più a trattenere il respiro di afferrare la monetina, aprì la bocca, e nell'istante in cui stava soffocando vide scorrere tutta la sua breve vita in un vortice luminescente, con una sensazione di grande tranquillità, che fu interrotta dalle mani del bagnino che presa per le ascelle la riportava in superficie. Quell'esperienza le aveva insegnato che morire non era poi così doloroso. Lei fissava per minuti l'acqua verde tra le rive, come fosse una pellicola al di là della quale sarebbe stata in pace e non avrebbe più sofferto quella angosciante impressione di ansia e angoscia perenne. Poi col tempo recuperò la voglia di vivere, e quel periodo nero scomparve dalla sua mente riposto in un angolo infinitesimale della parte logo temporale del cervello.

 

Dopo qualche anno Léna si sedette in aprile sui gradini della stazione dei treni Santa Lucia, posti di fronte al canale. Era appena arrivata da Padova dove frequentava la facoltà di medicina, e stava leccando un cono di gelato alla vaniglia e guardando svagatamente il via vai di turisti, vaporetti e gondole e la chiesa neoclassica di San Simeone con la sua caratteristica cupola sulla cui sommità si stagliava la piccola lanterna a forma di tempietto. Il gelato sciogliendosi le colava tra le dita, quando senti gridare il suo nome: "Léna... Léna..." 

Léna guardò meglio sulla banchina della riva e vide un tipo che agitava le mani su un taxi.

"Sono D'olfo, vieni!"

Lei si alzò e attraverso il grande spiazzo fino alla passerella dove era attraccato il taxi, quando fu vicino allo scafo, D'olfo le allungo la mano invitandola a salire a bordo.

"Dai sali non ti mangio mica..." Léna salì a bordo.

"Te piase 12 ? L'ho rimesso a nuovo. Adesso sono in regola: patente, licenza... ho cominciato a fare il taxista da poco." 

"E la pesca?"

"Dopo la galera... non ho più avuto voglia di continuare."

"Parché te ga fato, tuto quel che te ga fato? 13

"Pa ciapàr qualcosa! 14 "

"Non potevi pescare onestamente come gli altri..." 

"Per morire di fame. Non si pescava quasi più niente per cui valesse la pena di sprecare il carburante per uscire in barca. Le industrie hanno inquinato la laguna per anni, e nessuno dei responsabili è mai andato in galera, e noi poveri pescatori non si portava a casa niente. Se non facevamo così, non avremmo guadagnato niente..."

"Ma D'olfo... vendevate i capparossoli inquinati... puro veleno?" 

Ma quasi tutto è avvelenato: il mare, e perfino l'aria che respiri. Comunque adesso anche se con il taxi inquino l'acqua, sono pulito... e tu come stai? Basta parlare dei miei guai."

"Tiro avanti, come facciamo tutti..." D'olfo e Léna dentro il taxi si allontanarono e scomparvero sotto il ponte degli Scalzi confusi tra vaporetti ricolmi di turisti e barconi da trasporto. Non sappiamo cosa successe dopo... se tornarono insieme o se le loro vite si separarono definitivamente.

 



1) Oci celeste fà inamorare: occhi celesti fanno innamorare.

2) Oci mori rubacuori: Occhi mori, rubacuori.

3) No ‘vere gnente da spartire: non avere nulla in comune, con lui.

4) El me cópà: mi uccide.

5) Drìto: furbo.

6) Parché xe drìto?: perché è furbo?

7) S-ciopà!: scoppiato.

8) Desgrazià: disgraziato.

9) L’aria no xe pì freda, al sòl se sta al caldo: l'aria non è più fredda, al sole si sta al caldo.

10) Che frédo: che freddo.

11) Borìn: venticello.

12) Te piase?: ti piace?

13) Parché te ga fato, tuto quel che te ga fato?: perché hai fatto, tutto quello che hai fatto?

14) Pa ciapàr qualcosa!: per guadagnare qualcosa!



Di Alessandro Carnier

Pordenone11 marzo 2015


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