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Una leggenda carnica - La leggenda di Celtine

di Alessandro Carnier
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Pubblicato il 09/01/2022 07:44:15

 

Questa storia mi è stata tramandata da mio padre, e a mio padre da mio nonno, e così ancora, a ritroso nel tempo.

È la storia di come ebbe origine la nobile stirpe che popolò la mia terra, la Carnia.

 

C'era un villaggio ai confini più a nord, vicino alle terre di ghiaccio, nelle isole bretoni, e in quel villaggio lontano, viveva Celtine, figlia del capo dei Kemris.

Non c'era in tutto il villaggio una ragazza così bella, dalla straordinaria forza vitale e intelligenza come Celtine, la figlia del re. Era alta e bionda, con occhi celesti e un corpo agile e sinuoso, e aveva un portamento superbo ed elegante.

Era infatti ammirata e desiderata dai giovani nobili cavalieri della sua tribù, ed essi si struggevano al solo suo incedere, nella speranza di carpirle un unico sguardo.

 

Tutti la amavano: le donne, gli uomini, i bimbi, e anche coloro che svolgevano i lavori più umili, come gli schiavi. Con tutti, Celtine, era ben disposta, e pronta ad aiutare chiunque si trovasse in difficoltà.

Il padre vedovo né era orgoglioso, e l'amava oltre che per il fatto che fosse la sua unica figlia, anche per le sue indubbie qualità, e perché gli ricordava l'amata moglie, perita giovane durante il parto. Celtine era una temibile guerriera, e si allenava con i giovani guerrieri, e da essi era trattata con grande rispetto. Molti nobili della sua tribù e di altre tribù lontane l'avevano inutilmente corteggiata, ma lei aveva sempre rifiutato ogni proposta di un qualsiasi legame, tant'è che per questo suo comportamento, era stata soprannominata Celtine cuore di pietra.

Celtine era anche molto affezionata al saggio druido del villaggio, e né seguiva i preziosi insegnamenti, non mancando mai di onorare i propri dei. Celtine viveva in grande armonia con la natura rigogliosa della sua terra magica, e il suo popolo. Aveva un carattere schietto, tenace e solare. Gioiva felice del sorgere del sole, del risveglio della natura in primavera, del tepore estivo in estate, della neve e del gelido ghiaccio invernale che tutto copriva e proteggeva.

Amava bagnarsi con le altre donne del villaggio, sotto la cascata del ruscello che scorreva nella selva vicino alle prime capanne del villaggio, e fare lunghe cavalcate con il suo cavallo bianco, lungo gli strapiombi sul mare della sua amata isola, per poi stendersi sul muschio verde e soffice a fantasticare sul suo futuro, guardando le onde del mare rifrangersi fragorosamente contro le rocce alte e perigliose della scogliera, e a nulla servivano i rimproveri del padre, che se ne stava avvilito e preoccupato, quando dopo queste lunghe cavalcate lei tardava ad arrivare accanto al fuoco della sua capanna.

 

Ma il vecchio re, in cuor suo, era orgoglioso di avere una figlia dal carattere indomito e ribelle, che di nulla aveva paura. Un giorno, pensava, avrebbe preso il suo posto come regina del suo popolo. Lei era bella, forte e irruenta, e dal fascino irresistibile. Celtine sentiva quella spinta interiore, potente, che ogni giovane fanciulla avverte, quella inspiegabile forza che  preconizza orizzonti splendenti.

 

Un giorno Celtine era intenta a suonare l'arpa per suo padre accanto al fuoco che ardeva sempre nella fossa della capanna. Si udirono delle urla, dei richiami.

Il vecchio re e la giovane figlia uscirono all'aperto sotto una fitta pioggia battente. Un guerriero li avvisò che era stato rinvenuto un giovane esanime sulla spiaggia, dopo la tempesta, che aveva flagellato il mare e l'isola durante la notte.



Il naufrago seppur provato, era ancora vivo. Il saggio druido del villaggio lo fece portare in una capanna e adagiare su un giaciglio accanto al fuoco.

Celtine rimase molto impressionata dalla bellezza del giovane, e non mancava giorno che lei non andasse a prestare le cure con i medicamenti che il vecchio druido aveva preparato appositamente per lui con le erbe mediche. Il vecchio druido vedendo che Celtine si stava invaghendo del bel giovane, le disse bonariamente, ma con un espressione del volto preoccupata: “Celtine non appassionarti troppo a questo bel giovane, quando si sarà rimesso in salute, vorrà tornare dalla sua gente, nella sua terra.” “Non preoccuparti venerabile druido, il mio desiderio e solo quello di prestargli le cure necessarie perché si rimetta presto in salute.”

Le parole di Celtine, preoccuparono ulteriormente il saggio druido, che in precedenza a questo avvenimento aveva avuto una visione che accompagnava la venuta di questo giovane, un presagio di sventura... e sapeva anche che i giovani raramente ascoltano le parole degli anziani, poiché sono spinti nelle loro azioni più dal cuore che dalla ragione.

La sera stessa, dopo che Celtine se n'era andata, il saggio druido si accostò al fuoco sacro che ardeva nella notte su un promontorio e compi un rito magico, atto a proteggere la giovane principessa dai presagi di sventura che avevano tormentato il suo sonno. Gettò sul fuoco una mistura di erbe ed essenze insieme a vischio e agrifoglio pronunciando delle parole magiche, per ringraziarsi il favore del dio dell'amore Angus. Al contatto con il fuoco le misture sacre provocarono un'alta fiammata, e la luce di un lampo e il successivo crepitio rischiararono la notte. Il druido comprese che quella saetta non era un segno benevolo, e che un destino malevolo avrebbe funestato la gioiosa vita della comunità. Ridiscese stanco e avvilito lungo il sentiero, mentre iniziò a cadere una fitta pioggia che spense il sacro fuoco. Anche questo successivo avvenimento lo preoccupò. Il sacro fuoco doveva ardere sempre, non doveva mai spegnersi. Ciò era un segno di sicura sventura...

Dopo qualche mese il misterioso giovane riprese vigore, e Celtine non mancava di passare molto tempo con lui. Il padre di Celtine e il druido preoccupati non osavano contrastare l'attaccamento di Celtine per lo sconosciuto. Il padre fece condurre il giovane straniero al suo cospetto, e gli chiese chi fosse e da dove venisse, ma lui rispose di non ricordare il suo nome e neanche da dove fosse venuto.

 

Rammentava solamente la tempesta, che aveva fatto naufragare la sua nave, e il volto dei sui compagni prima che fossero risucchiati da un grande vortice nelle profondità marine.

Il vecchio druido consigliò al re di avere pazienza, il giovane aveva un bell'aspetto, e i suoi modi, e la collana che portava al collo e l'anello, denotavano una provenienza sicuramente nobile. Col tempo egli avrebbe certamente ricordato... Il re seguì il consiglio del druido, e diede ordine di procurargli abiti e armi degni di un nobile, e di costruire per lui una solida capanna.

Il giovane si accomiatò inchinandosi al suo cospetto e lo ringraziò promettendogli obbedienza.

Fu all'inizio della primavera, quando si sciolgono le ultime nevi e sbocciano i primi fiori, che il cuore di Celtine, che fino all'ora era stato granitico, si sciolse come neve al sole, e una misteriosa forte attrazione colse i due giovani.

Celtine sembrò scordarsi di tutte le sue passate passioni, oziava tutto il tempo con il suo amante, non si allenava più con i giovani nobili del villaggio all'arte della guerra, non suonava più l'arpa per l'amato padre, non scendeva a bagnarsi con le sue amiche nel ruscello. Tutti riconobbero nel villaggio che Celtine era cambiata. Celtine non aveva occhi che per il suo amante, e tutto e tutti trascurava...

 

Il giovane Morvan, così era stato soprannominato dal vecchio druido, che significava (venuto dal mare) confidò a Celtine la volontà di costruire una nave, per poter riprendere il mare, e cercare una nuova terra dove stabilirsi insieme a lei. Celtine chiese al padre di aiutare Morvan ad esaudire il suo desiderio, nascondendo il proposito di seguire il proprio amato. Il padre dopo molte insistenze e vista la caparbietà di sua figlia, le rispose che avrebbe chiesto consiglio al vecchio druido e ai vecchi nobili guerrieri del villaggio. Il consiglio dei nobili riunitosi durante una notte di plenilunio, diede l'assenso alla costruzione della nave.

I maestri d'ascia del villaggio e tutti gli uomini disponibili iniziarono la costruzione dello scafo in legno di quercia, e le donne cucirono le pelli per realizzare robuste vele. Anche Celtine contribuì con il sua lavoro al cantiere. Il vecchio padre credette così di aver placato la passione di Celtine per Morvan, nella speranza che con il favore dello scorrere del tempo e la partenza di Morvan ella l'avrebbe poi dimenticato, l'ardore dei giovani brucia veloce con una rapida vampata, lasciando presto ceneri fredde. Contrastarlo sarebbe stato controproducente.

La costruzione della nave proseguì fino alla primavera successiva.

 

Un giorno, all'alba il vecchio re fu svegliato dal druido del villaggio che dovette così dagli la cattiva notizia: “Mio re devo darti una notizia che ti rattristerà...”

Il re lo interruppe. “Celtine?”

“Si mio re. Celtine è fuggita con Morvan. Sono salpati questa notte con il favore del vento. Di loro non vi è più traccia al di fuori di questo messaggio.”

Il vecchio druido porse al re una pergamena di pelle, sulla quale Celtine lo pregava di perdonarla, ma che la forza insopprimibile del suo amore per Morvan, l'aveva spinta a seguirlo. Il vecchio re dal quel giorno non si dette pace, la sua bambina tanto amata non c'era più, e dopo qualche mese sconvolto dal dolore morì. Tutti nel villaggio: vecchi, giovani, donne e bimbi, maledirono straziati dal dolore la venuta di Morvan e la perdita di Celtine e del loro amato re...

 

Morvan e Celtine navigarono superando tempeste impetuose, che solo una nave robusta come la loro poteva affrontare, e in una notte di bonaccia giunsero su una costa alta e frastagliata. Li costruirono un robusto carro leggero, utilizzando il legname della nave, e acquistarono due cavalli e viveri dagli abitanti del luogo. Dopo una lunga sosta per rifocillarsi dalla estenuante traversata in mare, continuarono il viaggio in terra, traversando montagne e valli, molte nazioni, e altrettanti popoli stranieri, e finalmente giunsero, dopo molte lune, su un alto passo montano, il passo della Maura. Celtine e Morvan si accamparono accanto a un ruscello e riposarono all'ombra degli alti abeti. Il giorno successivo proseguirono il viaggio seguendo il tracciato di quell'acqua limpida che mano a mano che essi avanzavano s'ingrossava fino a divenire l'acqua madre del Friuli, che lo divide quasi nel mezzo, il fiume che oggi conosciamo con il nome di Tagliamento. Essi rimasero estasiati dalla bellezza di quella nuova terra, con alte e imperiose montagne, boschi verdi e lussureggianti, valli dolci e piacevoli e con una gran abbondanza d'acqua. Celtine abbracciò Morvan e sentenziò: “Questa è la terra dove voglio vivere, e crescere i miei figli.”

Scelsero una valle verde e rigogliosa, la più bella, quella che noi conosciamo col nome di val di Lanza. Morvan con il legno ricavato dal taglio degli alti abeti, e le pietre ricavate dalla generosa montagna insieme a Celtine costruì la capanna dove avrebbero vissuto. Coltivarono la terra e insieme cacciarono nei boschi e nelle valli.

 

Dopo un anno all'inizio della primavera, nacque Edern, un figlio maschio. Edern era il bimbo più bello che si fosse mai visto in quella lontana terra, dagli alti picchi delle montagne, fino alla dolce pianura lambita dal mare.

Il padre con il corno, e la madre con l'arpa, suonarono tutta la notte in onore del primo figlio maschio per ringraziarsi il favore del dio Belenus, Dio della luce, del potere e della bellezza. Tutti gli animali richiamati da quella musica melodiosa, vennero attorno a Celtine e al bimbo. Lo stambecco, il daino, il camoscio, il capriolo, la marmotta, la volpe, il tasso, l'orso e tante altre specie si raccolsero in cerchio, attorno alla famiglia fortunata. Gli uccelli più belli: il merlo, l'usignolo, l'aquila e tutte le altre specie cantarono insieme, e questo melodioso canto si propagò per le valli e la pianura fino al mare, e ancora oltre l'orizzonte.

E vissero tutti felici in comunione per giorni e giorni, ed Edern crebbe forte e tenace...

Un giorno d'inverno, quando la neve tutto ricopriva, e il silenzio era rotto solo dal crepitio della legna sul fuoco, Morvan all'alba quando ancora splendeva la luna, uscì a caccia nel bosco, con il potente arco, e non fece più ritorno. Celtine attese invano il suo Morvan, per giorni e giorni.

Una sera Celtine piangendo per la prematura scomparsa dell'amato Morvan, senti graffiare e battere ripetutamente il pesante portone di legno della capanna. Impaurita aprì lentamente l'uscio, e non appena alzò lo sguardo vide un grosso lupo dal pelo lungo e grigio, doveva essere un capobranco.

 

Il lupo la tranquilizzo dicendo: “Non piangere, donna... sono venuto ad avvisarti, perché ho pietà di te. Quando ero a caccia nel bosco ho visto il tuo uomo disteso su un ruscello, congelato, adagiato nell'acqua come se dormisse profondamente.”

Così parlò la bestia.

Celtine sopraffatta dal dolore, non rispose, svegliò Edern che dormiva profondamente accanto al fuoco sotto una spessa coperta di pelle d'orso, e disse: “Edern, ora sarai tu il re di tutta questa terra, dai monti al mare. Ormai sei un uomo, vai, e porta con te anche i tuoi compagni, lasciami sola con il mio dolore. Torna solo quando avrai conquistato tutta la pianura, quando tutto sarà tuo. Fallo per i nostri avi, per tuo padre e per me. Prima di andare accendi un fuoco sacro in onore di tuo padre. Poi una volta salutato il figlio Celtine si rivolse al fiero lupo: “Lupo, d'ora in avanti tu sarai sempre rispettato dal mio popolo, perché tu hai avuto compassione di me...” Il lupo prostò il capo e ringraziò Celtine, poi lo sollevò ed emise un lungo ululato, che riecheggiò in tutta la valle. Celtine si alzò e uscì dalla capanna e accompagnata dal lupo si incamminò attraversando boschi e strapiombi verso il sole che nasce. Nel cielo come per magia le stelle brillarono, la neve si sciolse e le gemme sbocciarono sugli alberi. La natura intera si risvegliò.

 

Celtine la madre dei celtici carnici, è lassù tra i monti in quei luoghi, scomparsa sulla vetta del monte Bivera. Di lei più nulla si è saputo.

Il luogo dove essa è vissuta felice e dove è morta, oggi si chiama Sauris.

Ancora oggi nelle malghe e nella vallata di Sauris dove scorre il torrente Lumiei che da vita all'incantevole lago, contornata da monti imponenti come il Tinis, il Clapsavon, il Bibera, e Vinadia, fino a Pieltinis e nel Col Gentile, i malgari, durante qualche notte sentono il tintinnare dei campanacci, come se le vacche si allontanassero dal pascolo.

Ma in realtà sono i nostri avi pagani, che vengono dal regno dei morti. Sono i lamenti di Celtine che ancora chiama suo marito, e prega gli dei che proteggano i nostri cari, le nostre case, le nostre stalle, le dispense  e le bestie, e dia coraggio e pace alle anime in pena. Dormite beati bimbi carnici perché Celtine vigila su voi e sugli uomini della nostra amata terra madre, la Carnia.

 

Di Alessandro Carnier

Pordenone 6 aprile 2013


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