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Sensi e sentimento dei sogni

Poesia

Laura Sagliocco
Campanotto Editore

Recensione di Gian Piero Stefanoni
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Pubblicato il 05/07/2016 12:00:00

 

Lode della poesia, sfrenata ed appassionata fedeltà al suo potere altro di squarciare mondi e tempi illuminando il cammino dell'uomo restituendogli orizzonti e identità perdute. Questo è l'humus in cui affonda il libro d'esordio di Laura Sagliocco, quarantenne romana attiva soprattutto come attrice con alle spalle un progetto di poesia in musica trasformato in album indie-rock. Nell'introduzione in cui raccontandosi tra riferimenti a Shiller, Boccadoro e Rimbaud , è nella direzione dell'eterno femmino la ricucitura della sua scrittura (che è tutt'uno evidentemente con la vita come ci ricorda Natale Rossi nella presentazione "poiché volta a trasformare la poesia in amore (...), in quotidiana esperienza estetica") per la riconnessione- in un ritorno di dialogante e reciproca vivificazione- alle segrete, creatrici sonorità del mondo. Dunque ridonandoci nel "privilegio di fonderci ai sensi e al sentimento dei sogni" l'essere sotteso che privo di respiro boccheggia dentro di noi. Questo nelle intenzioni e nello spirito acceso con cui il sentire è rincorso (e non abbiamo dubbi). Eppure, e particolarmente nella prima parte ("Premeditazione"), il dettato sovente non si accende nell'eccesso di lessico e immagini dato, a nostro dire, secondo un inseguire non troppo personale dei modelli, tra compiacimenti ed ire sul destino infausto dei poeti e l'inferno cui in eterno si è votato. Ed ancora, il modulo con cui nei respiri agresti o nella magnificenza di antichi luoghi (come qui in "Tempio antico" a Bolsena o più avanti a Stonehenge e nei luoghi della Grecia classica) in cui altre vite ed altre epoche si riaffacciano sembra escluderci in un presente che non ci parla, non potendolo per l'evanescenza delle rimemorazioni. Questa poesia così vezzeggiata, così amata, così chiamata alla cura allora funziona meglio, è sinceramente e più fortemente coinvolgente quando non procede per caricature ma per moti e significazioni riportati nella dignità e nella sostanza della loro umile forma (l'io a lato- non davanti- fedele servitore). Pensiamo ad esempio a cadenze come queste: "Adoro il canto affannato di fine estate,/ calda che brucia ,/l'odore di erba scolorita/ abbattuta dal sole " ("Fine estate") o "Perché la tua carne è bagnata / di lacrime leggere , / come un Cristo troppo giovane al suo cammino" ("Lo spaventapasseri") giacché l'autrice , sempre debordante, possiede un temperamento poetico autentico che però, come spesso succede, da solo può non bastare. Ma non renderemmo merito a quanto c'é di buono in questi versi limitandolo a queste poche notazioni. Infatti è nei testi dedicati agli amici e alle amiche, alle figure care di amanti, che lo spirito guida della Sagliocco si leva nel suo canto migliore ed è l'amore, appunto, riportato all'alogicità e alla carnalità delle sue regole dimostrato nella straziante offerta e impagabilità dei suoi ritorni e nella cui forma, data dal confondersi e dal custodirsi dei corpi, risiede la stessa forma del tempo. Sempre nella fascinazione e negli incanti ciò che in queste pagine intenerisce è la gridata e ricordata e preservata consapevolezza di un incontro che ha nel dare alla luce lo splendore di vita dell'altro già nello sguardo quell'annullamento delle distanze, almeno nella sua più tragica e incessante delle illusioni, che la accomuna alla poesia appunto. Qui dunque lo scioglimento riesce, e non annoia, questa è della poesia sostanza (non come nell'omonimo testo quell'orfismo di ritorno tra cori iniziatici di ancelle). Ancora, è anche nell'orgoglioso ritrarre i misteri e le fascinazioni del femminile nel lineamento dei caratteri , sempre sollevato nei suoi sforzi e nelle sue malie e sempre innocente a dispetto delle violenze del mondo (tra tante citiamo "In mare aperto"), il potere di una versificazione che riesce a procedere a dispetto di intralci e chiusure nella convinzione di poter illuminare ed essere illuminati in quella unione di terrestre e di divino che rompe i mondi e li trasforma. Di qui nel percorso, dopo l'attraversamento della parte centrale del libro dei testi della sezione "Il viaggio: convalescenza e tenerezza", la convinzione finale che fuoriesce dai versi di "Conversione", la terza e ultima parte del libro, per cui mai la vita conosciuta ci abbandona ma cresce "in perenne intesa/di sorgere ancora" nella coscienza tra l'altro di una poesia "non strumento contingente di dominio" ma di veglia, nel calore e nella sensualità predisposta al richiamo , come in mancanza dell'amato da cui prendere e dare vita . Non a caso in questi ultimi brani la carnalità si fa più bruciante soprattutto nel dolore dell'assenza chiamando e trattenendo l'altro come per amplesso già avvenuto : "Scava sempre accanto alle mie mani/e schiudi i tuoi spasmi /allo specchio della bellezza" ("Un solo giorno") ed ancora: "E ti amo sempre,/ti amo nell'estraneità che pasce/ il dolore dei santi" ("Reliquie", testo esemplare per alternanza di indovinate evocazioni come questa e irrefrenabili cadute di tono). Un libro allora che ha in questo la sua forza e la sua fascinazione vera, il suo motivo di lettura seppure nell'ingolfamento di pagine di cui poco ricordiamo.

 


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