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L’ albero dei cioccolatini

di Franco Bonvini
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Pubblicato il 23/12/2016 23:35:18

Era la vigilia di Natale
L' albero nella libreria all' angolo era carico di cioccolatini e a disposizione dei clienti visto che si doveva chiudere presto.
Una bimba prese quello più bello, un babbo natale rivestito di stagnola colorata che scartò con cura, per non sporcare a terra e poi si accomodò su un divanetto a fianco del bancone, un pò nascosto.
Era così buono e dolce quel babbo natale e le metteva così tanta felicità che la bimba desiderò che ogni persona che entrasse e ne assaggiasse uno provasse le stesse sensazioni e scordasse il freddo che faceva fuori.
Ma non fu così.. gli adulti hanno sempre qualcosa da ricordare.


Quel camionista, per esempio, ne prese uno a forma di camioncino, come quello che vedeva sempre sul grande albero del salotto di casa sua quando da bambino, stava a rimirarlo incantato dalle lucine lampeggianti e colorate e iniziò a mangiarlo.

Ricordava le voci dei genitori, in particolare quella della madre, che lo esortava a prendere un cioccolatino, a esprimere un desiderio, perché a mezzanotte si sarebbe avverato.
Uffa!! Ma quando arriva mezzanotte!
Aveva preso, anche allora, il cioccolatino a forma di camioncino anche se desiderava un bel trenino, con i binari, la stazione, gli scambi, il semaforo e una galleria.
Stanco, andò a letto, nella sua cameretta, e s'infilò sotto le coperte coprendosi fino alla fronte, aspettando la madre che sapeva sarebbe venuta a sistemargli le coperte e a dargli il bacio della buonanotte, fece finta di dormire sperando che la mezzanotte arrivasse più in fretta.
Quando non si udì più nessun rumore provenire dal salotto, si alzò e andò sul gran divano di fronte all'albero ancora illuminato, voleva vedere Babbo Natale, voleva vedere da dove sarebbe entrato, il camino non c' era in quella casa, porte e finestre erano chiuse.
L' orologio sul muro segnava le 23,15 ma lui non arrivò neanche a vedere le 23,30 perché si addormentò quasi subito.
E lì si svegliò, sul divano ma con la sua coperta che lo aveva tenuto al caldo, forse era stato proprio babbo natale a mettergliela!
C' erano anche dei pacchi sotto l'albero!
Neanche quest'anno era riuscito a scoprire da dove era entrato...
C' erano dei nomi sui pacchi, Franco, Egidio, ancora Franco, mamma, papà, ancora Egidio... così corse in cameretta a svegliare il fratello che dormiva per dargli la notizia e farlo partecipe dell'entusiasmo per l'apertura dei regali.
Nel suo ci trovò proprio il trenino, quel trenino che aveva desiderato tanto e che la madre gli aveva fatto scrivere sulla letterina dicendo che così Babbo Natale non si sarebbe dimenticato.
Ora... com'era finito a fare il camionista? Era lì in quella città lontana, in quel negozio mentre i figli erano a casa ad aspettare il Natale.

 

La bimba intanto si era addormentata sul divanetto, era un momento di calma così anche la proprietaria della libreria approfittò di un cioccolatino.
Scelse una bella monetina dorata.. già, una moneta, la libreria andava così male a causa di tutte queste vendite on line e ebook che ce ne sarebbero volute molte di monetine per risolvere i suoi problemi.
Però il cioccolatino era magico e appena messo in bocca e gustato il suo sapore pensò che forse non era quello il problema più importante.
O meglio, c'era tutta una serie di problemi più "piccoli" che avevano molta più importanza.
La morte della madre prima e una serie di delusioni poi l' avevano come spenta, immalinconita, forse era anche per quello che gli affari andavano male... non se ne curava più molto, le sembrava che la gente intorno fingesse di interessarsi a lei ma che in realtà tutti foseero immersi nel loro mondo.
Aveva perso anni così e intanto il tempo passava trascinando quella sua sensazione d'inadeguatezza ed estraneità, si sentiva strana per quella capacità di gioire, piangere e soffrire per le poesie, per un'alba, per la vista del mare o un tramonto e non credeva più che ci fossero altre persone come lei.
Però non aveva perso la fede nell'amicizia e nell' amore, quella no,
Il cioccolatino sembrava avesse il potere di farle riprendere fiducia nelle persone, nell'amore e nei sentimenti.
In fondo era felice che la sua idea dell'amicizia non fosse cambiata ed era sicura che presto molte cose si sarebbero risolte...

 

Intanto entrò un generale in pensione venuto per cambiare un giallo preso in mattinata perchè s' era accorto di averlo già letto.
La memoria cominciava a vacillare ma d'altronde non poteva ricordare tutti i titoli dei gialli letti, prese una pigna, forse per la forma che ricordava un pò una granata e si accomodò sul divanetto, di fianco alla bimba, stanco, per gustarselo in tranquillità.

Si ritrovò, sulla porta di quella capanna, con la grossa mano sporca di fango che stringeva il braccino della bimba.
Erano due, gli avevano detto, forse tre, bisognava aprire la strada, liberare il campo per poter passare, e ordinò il fuoco.
Le pallottole oltrepassavano le pareti di paglia come se non ci fossero, inutile usare esplosivi, e quando il fuoco cessò, nel silenzio restò un pianto.
Erano in due è vero, restava imbambolato su quella porta a guardare la scena che gli si presentava, sentì nausea, aveva visto la manina sporgere da sotto il corpo della donna a terra immobile.
Dov' è il fucile, chiedeva qualcuno, abbiamo sentito tutti sparare da questa capanna, deve esserci un fucile.
Ma lui restava lì immobile con il suo di fucile stretto nelle mani a guardare quel foro nel vestito, in mezzo alle spalle, dove era passata la palla che le aveva fermato il cuore.
Si avvicinò alla bimba e le carezzò la testa, lei si ritrasse, lui voleva dirle qualcosa ma parlare no, proprio non era possibile.
Intanto era apparso un fucile vicino al corpo della donna: "Eccolo il fucile" gridava qualcuno. "avevamo sentito tutti sparare, vero?"
Poi l'alcool lo aveva aiutato a dimenticare , aveva avuto anche medaglie, e promozioni, fino a diventare generale...
Il cioccolatino l' aveva fatto tornare lì, con la divisa da tenente quasi nuova di magazzino, a sentire quel pianto e la puzza della polvere da sparo.
E' così, ci sono giornate in cui scopri che il nemico non è l'unico predatore.

 

Entrò una professoressa di liceo, stava guardando l' albero senza riuscire a decidersi su che cioccolatino prendere.
Ho quarantanni, pensava, una vita spesa nello studio e nell'insegnamento, una bella casa, un figlio che non conosco più e un uomo con cui dormo.
Ho realizzato il sogno che mio padre e mia madre mi avevano caricato sulle spalle e ne sento il peso.
Certo, ho la mia casetta ordinata e pulita, i miei libri pieni di polvere, il lavoro che mi impegna, e il rospetto bugiardo che non diventerà mai un principe.
Eppure c'è stato un tempo in cui ridevo, forse da piccola avevo imparato ad allungare la bocca, allora sì che bastava accennare un sorriso….
Intanto la bambina si era avvicinata a lei e la tirava per la gonna, "Mi racconti una storia?" diceva " ma bella, non come quelle che ho sentito finora, quelle sono per grandi".
Lei la guardò, ci pensò un po', e iniziò a raccontare.
Non erano più una donna e una bambina, erano due anime che si erano incontrate.
Dopo un po' tutti i clienti della libreria si erano raggruppati intorno alla professoressa ad ascoltare la sue storie.
Storie di fate, di casette di zucchero e cioccolato, ascoltare è un po' come rubare, prendere le emozioni e i sentimenti di un altro e farli tuoi, e quello non era più un gruppo di persone ma un' unica anima che gioiva e soffriva per le stesse cose.
E lei ne faceva parte!
Ma quella bambina stava insegnando a tutti solo cose che sapevano già, e che avevano dimenticato, o volevano dimenticare.


Alla fine del racconto si accorsero che la bambina era sparita, forse erano così presi ad ascoltare quelle fantastiche storie che non si erano accorti che qualcuno era venuto a prenderla, o forse anche lei era un sogno dei cioccolatini.
La proprietaria della libreria, il camionista, il generale e la professoressa non sapranno mai chi era, ma poi...
avrebbe avuto importanza?


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