Guido Brunetti
Frammenti di letteratura: i grandi autori
Dostoevskij, una personalità multiforme
Riteniamo Fedor Michajlovic Dostoevskij (1821-1881) uno dei massimi scrittori della letteratura mondiale. Un autore uno e trino: scrittore, psicologo, filosofo. Una personalità pluridimensionale. Con Tolstoj, si distingue per ampiezza di visione e potenza espressiva.
Scrittore, dipinge il senso tragico della vita, una condizione umana violenta, complessa, notturna, espressa attraverso una intensità drammatica e poetica.
Psicologo, scava nel sottosuolo buio e profondo della psiche umana e dell'inconscio, ancor prima di Freud. Egli spazia nei diversi campi della psicopatologia e dell'introspezione psicologica con la competenza e la capacità che non tutti gli psichiatri e gli psicologi hanno.
Filosofo, analizza e approfondisce l'ontologica finitezza dell' uomo, riuscendo a rappresentare altezze e profondità di pensiero. C'è in lui poi il tormento sul mistero e l'esistenza di Dio.
E' uno speleologo dell'anima
In Dostoevskij affiora un essere umano diviso tra l'abisso nichilistico del dubbio e la trasfigurazione religiosa, e sempre al centro delle opposizioni tra Bene e Male, Amore e Odio.
Egli analizza e rappresenta con emozionante limpidità tutte le profondità dell'animo umano.
Esamina la dissoluzione dell'uomo, il suo sentimento di angoscia e sofferenza, il suo patimento, la sua miseria morale, la sua meschinità.
Emerge una umanità sofferente e disperata. Ma anche l'anelito dell' uomo a superare se stesso, a porsi in una dimensione trascendentale, al di sopra della propria condizione biologica, empirica, materiale. L'uomo- precisa Dostoevskij- è stato creato infatti a "immagine e somiglianza di Dio".
Si risorge dalla condizione di "morti", dal senso tragico della vita, una vita disertata da Dio, un mondo dove l'empietà è la "norma- afferma l'autore- a condizione di uscire dalla gabbia dell miseria umana, morale e spirituale. La via maestra per questo affrancamento- spiega- è la religiosità.
Di fronte a quelle di Cristo, nessuno è "legittimato a lamentarsi delle proprie sofferenze. Quel che conta, è lo scandalo di Cristo, lo scandalo di aver voluto soffrire benché innocente".
L'uomo moderno avrebbe voluto farsi Dio, il Dio di se stesso, dopo aver rinnegato il Dio dei padri. Volendo farsi Dio, è precipitato nella paralisi morale. Non è riuscito a diventare niente. Il suo io si è frantumato, scisso in un delirio di onnipotenza.
Senza Dio- dice Dostoevskij ne "I fratelli Karamazov"- "tutto è lecito, tutto è permesso".
Se Dio non esiste, tutto è legittimo.
Se non c'è Dio, allora "io sono Dio".
Mutilare l'uomo dal rapporto con Dio, con la trascendenza e il soprannaturale, privarlo di quanto vi è di più essenziale, unitario, originario in lui vuol dire annullarlo della propria umanità. L'uomo diventa un "monstrum" una figura demoniaca.
Esiste, per Dostoevskij, una legge morale oggettiva, divina, la quale spinge l'essere umano a ricercare Dio. E' un bisogno naturale, innato.
E' lo spirito, infatti, che fa per eccellenza l'uomo. Di qui, il primato della bellezza come perfezione spirituale, che aiuta a vincere l'egoismo. L'uomo non sempre è pronto a coglierla, come avviene, ad esempio ne "L' idiota".
Qui, i temi cari a Dostoevkij sono esaminati con una forza straordinaria. La bellissima Nastas'ja Filippovna è violentata dal tutore, che per anni ne fa la sua amante, poi decide di cederla al suo segretario, Rogozin, un uomo possessivo, il quale non è in grado di dare tenerezza, comprensione e rispetto a Nastas'ia, donna inquieta, enigmatica e sfuggente. La ragazza trova quello che cerca nel principe Myskin, l'idiota, uomo fragile, delicato, attento, malato di epilessia, privo di eros. Nastas'ia è fisicamente presente, ma mentalmente assente, è altrove, sfuggente. Il solo modo per averla è ucciderla. E la uccide. E' un evento drammatico che decreterà la follia sia del principe che del tutore Tockij.
Dunque, è' la bellezza che "salverà il mondo"? A salvare il mondo- conclude Dostoevskij- è il cammino di perfezione spirituale, che è un valore assoluto. Solo Dio, per Heidegger- "ci può salvare".
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