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Skizzando nel vento 13 (Botta di coraggio)

di Stefano Saccinto
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Pubblicato il 30/11/2008 20:56:08

13
Botta di coraggio
(Solo perché non le sono di fronte)



FEBBRAIO DEL PARLARSI SINCERAMENTE

Uno di quei pomeriggi in cui attorno a te sembra crearsi il vuoto più assoluto e ti pare più che di vivere, di volteggiare in questo vuoto come fossi un astronauta in jeans a petto nudo inesperto che non sa come si fa a scendere finalmente a terra e rimetterci i piedi sopra e tu lo desideri più di ogni altra cosa, perché in mezzo a quel vuoto, ti sembra lentamente di entrare a farne parte anche tu e ti sembra la cosa più triste del mondo e, visto che tutti quanti ce l’abbiamo dentro quel po’ di masochismo necessario per rovinarci a poco a poco la vita, ad un certo punto ti rendi conto che effettivamente forse è meglio chiudere gli occhi e lasciarti volteggiare, se alla fine dei conti non hai un cazzo da perdere e se poi nel dolore esiste un conforto che nient’altro può darti. E poi quel vuoto finalmente ti ingloba dentro se e ti inonda di un liquido denso che sembra quello in cui sei avvolto nel ventre di tua madre e tu, inzuppato fino alla radice dei capelli, smetti infine di respirare e ti senti morire poco alla volta e sorridi perché sai che ormai è finita e non ci saranno più libri da studiare per non avere il terrore delle interrogazioni, non ci saranno più canzoni che ti roderanno l’anima pur di farsi generare, non ci saranno più Sarah Moretti con i loro occhi dolci e con i sorrisi che ancora non hai capito, che ancora non hai ben inteso e non sei riuscito a penetrare per leggerli dall’interno, se ispirati dall’amore o piuttosto ingenui riflessi al tuo modo di essere e tutto questo ti fa sentire vivo perché sai che dopo il vuoto non ci sarà più nulla e perché finalmente avrai il riposo che meriti e tutto sarà spento come un faro quando arriva l’alba.
Non ci saranno più giornate che non sai se sia meglio averle vissute o piuttosto cancellarle dalla memoria perché ti gettano nei più profondi dubbi dell’amore e della vita, quelle giornate che alla fine, quando sei nel tuo letto, le ripercorri passo passo per trovarci un indizio che ti metta al sicuro, quell’indizio che non c’è mai perché altrimenti sarebbe troppo facile e così ti diventa tutto, all’opposto, troppo complicato e ti senti di dire ‘Ma chi cazzo se ne strafrega se quella mi vuole o no, tanto io adesso ci ho qualcosa in cui lei non c’entra, ci ho il mio vuoto personale e tutto mi va alla grande, perché quaddentro non c’è il rischio di cadere e farsi male’.
Sapevo comunque che mi sarei fatto male quando il vuoto scoppiò come un palloncino trafitto da un ago e mi liberò rilanciandomi sulla mia poltrona dove, con un libro sulle gambe, tornai a rivedere il mondo con i suoi veri colori.
Voltai il libro e ci feci un segno, prima di richiuderlo e di sbatterlo sul letto, per poi poggiarmi le mani sulle tempie ed iniziare a fare funzionare il cervello.
Ciò che più mi ossessionava era il fatto che la fanciulla non mi avesse ancora capito e questo era abbastanza grave perché portava a due situazioni piuttosto compromettenti: una era quella che lei avesse capito perfettamente cosa volevo farle intendere entrambe le volte che le avevo parlato ed aveva cercato di evitarmi perché non se ne fregava proprio un bip di me; l’altra era che la tipa non avesse capito perché io non ero riuscito a spiegarmi bene con lei e ciò era ancora più grave perché non avrei mai avuto il coraggio di andare oltre la linea che avevo tracciato e quindi ero abbastanza perso.
"Ma quale cazzo è il tuo problema, amico?" mi voltai, appena davanti alla porta chiusa come se da lì fosse potuto entrare, c'era uno che pareva esatto uguale a Kurt Cobain che veniva verso di me, una delle sue solite camicie a quadri addosso, aperta su una maglia nera, i capelli biondi che sfumavano in castano sulle punte, gli occhi dipinti di nero.
"E tu chi cazzo saresti?" dissi con la voce che si affievolì perché ero stato tutto il pomeriggio in silenzio. Mi sistemai meglio, riformulai la domanda.
"Il mio nome è Kurt, sono venuto a capire che cosa ti dice il cervello, amico" quello credeva di essere davvero Kurt Cobain.
"Kurt Cobain è morto ed io non credo di essere un tuo amico" vidi di farlo ragionare mentre alzavo le chiappe dalla mia poltrona per sistemarmi i jeans, prima di rimettercele "Chi è che ti ha fatto entrare... non sarai" affinai lo sguardo "Corona, che cosa ci fai truccato come un cerebroleso?"
"Io non sono vivo, sono soltanto una proiezione della tua mente, la proiezione di Kurt Cobain" si mise in faccia un'espressione da psicolabile ed allargò le braccia. In effetti non sembrava proprio Corona.
"E che cosa vorrebbe la proiezione di Kurt Cobain, da me?" aggrottai le sopracciglia, cercando di comprendere.
"Voglio capire qual è il tuo problema, se quella tipa, insomma, quella che ti ha fatto scrivere i pezzi, non vuole dartela, vero?" mi strizzò gli occhi col viso che si nascose dietro i lunghi capelli, dopo un movimento brusco.
"E dovrei stare a parlarne con te?" la cosa mi lasciava molto perplesso.
"Sono la cosa migliore che il tuo cervello è riuscito a fare, che cosa vuoi?" molto bene.
"Beh, non è una questione di dare o non dare..." ci pensai "piuttosto è una faccenda di recepire e non recepire. Il fatto è che lei, io credo che non recepisca"
Lui sembrò rimuginarci sopra come fosse una questione di importanza estrema anche per lui. Mi piaceva che Kurt si interessasse a queste mie cose molto personali.
"E tu che cosa hai fatto, gliel'hai espresso a chiare lettere o hai fatto il timido deficiente povero Cristo che si vergogna di parlare con una ragazza?" seconda possibilità.
"Sei sicuro di essere una proiezione della mia mente?" a volte sembrava davvero reale, oh "E poi credo che se lo fossi, dovresti saperlo, quello che ho fatto"
"Già, già..." disse come se ci fosse arrivato lui stesso "Allora ti dico subito che cosa hai sbagliato: quella lì" mi prese per una spalla, indicandomi la porta con l’altra mano, come se Sarah fosse lì dietro. Io non riuscivo a vederla ma se ci fosse stata anche lei, come proiezione, non sarebbe stato male "sta facendo un gioco sporco, amico, quella è completamente cotta, ma vuole capire fino in fondo se lo sei tu, quella è... è una psicopatica" girò le dita intorno alla sua stessa testa "ti farà diventare pazzo e tu lo stai diventando ad una velocità assurda"
"Tu dici?" osservai il pavimento, cercai di ragionare "E perché dovrebbe?"
"Perché? Perché ha i ragni nel cervello, ascolta i Depeche Mode. Sai chi sono i Depeche Mode?" non capivo cosa c'entrasse.
"Certo che lo so, se lo sai tu"
"Giusto!" alzò un indice, il vero pazzo sembrava lui, o meglio io che me l'ero autoproiettato "Depeche Mode, musica elettronica, niente chitarre, strumenti quasi zero, musica elettronica" parlava come mi stesse svelando una congiura che avevo avuto sotto gli occhi da sempre e non ero mai riuscito a scorgere. Mi venne l'orrore dei Depeche Mode.
"Che cosa dovrei fare, Kurt?" gli chiesi allora.
"Non devi avere più riserve, devi dirle le cose come stanno, devi smetterla di giocare con doppi sensi e storie inventate appositamente per cercare di coinvolgerla..." prese fiato "devi gridarle in faccia tutto quello che provi" urlò improvvisamente facendomi ritrarre, prima di tirare un calcio contro la scrivania alle sue spalle. Per fortuna era soltanto una proiezione.
"Ma io non ce la faccio, è più forte di me, ho paura che possa restarci male, che possa..."
"Negarti anche quel poco che adesso ti dà, un'illusione, una parvenza d'amore" aveva centrato il punto, dopotutto era la mia stessa mente a fornirgli le parole ed i significati, erano cose che avevo sempre saputo ma non avevo mai rivelato a me stesso. Kurt era la verità che conoscevo e mi occultavo, rifuggendola per timore di una sofferenza ancora più grande di quella che provavo "Riesci ad accontentarti di questo?"
"Non lo so" ci pensai "non credo che ci potrebbe essere nient'altro per me"
"E come fai a saperlo se non ti lanci in questa cosa con tutto te stesso" e dicendo questo improvvisò un volo verso il piccolo lampadario della mia stanza, aggrappandocisi e prendendo a dondolare. 'Guarda questo demente' pensai.
"Ci devo pensare, Kurt, non è una cosa facile" gli promisi, comunque.
"Semplicissima!" disse invece lui "Una cosa sola" continuò staccando una mano dal lampadario e puntandomi un indice contro "Non farle capire che sai che è pazza, assecondala o potrebbe finire male" si era convinto, ormai.
"Forse farò come dici, lascia che io ci pensi" conclusi poggiando le mani a terra per alzarmi dalla poltrona.
"E comunque il pezzo che hai scritto davanti alle mie foto faceva schifo al cazzo" ammise, fuori dalla portata del mio sguardo.
"Sì, parli tu... kiss kiss Molly's lips" alzai la testa per dirglielo, ma Kurt era scomparso.
Dovevo essere proprio disperato se, per l'angoscia che provavo, avevo iniziato a crearmi gli amici immaginari. Forse mi accadde perché non avevo mai avuto un amico con cui confidarmi ed in quel momento ne avevo davvero bisogno.

Passai mezz’ora del resto del pomeriggio a pensare a ciò che potessi fare per completare almeno per una volta ciò che avevo ormai cominciato, visto che non avevo mai portato a termine nessuno degli obiettivi che mi ero prefissi e mi dissi che se c’era qualcosa per cui valeva la pena di cambiare la mia tradizione, questa era proprio la ‘storia’ con Sarah.
Ripensai a quello che mi aveva detto la mia proiezione, ma quello che mi convinse a fare come aveva detto fu il fatto che in fondo, a farmi male, sarei sempre potuto tornare nel mio vuoto a cullarmi in mezzo a tutte le mie sconfitte, non solo in campo d’amore, aggiungendo in più quella.
Al massimo avrei fatto l’ultima figura di merda di quel maledetto anno, ma non poteva accadermi nulla proprio e per una volta mi sentii protetto dal mio passato e da me stesso, fu una sensazione abbastanza gradevole e primordiale ma lo stesso sorrisi chiudendo gli occhi e me la gustai prima di rimettermi a leggere il libro che avevo abbandonato.



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