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Un caso straordinario

di Elio Zago
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Pubblicato il 02/02/2016 18:55:44

   Si sentiva stanco, ma molto soddisfatto.
   Sapeva che tutti lo consideravano un oggetto senz’anima (se così si può dire), ma la realtà era molto diversa.
   Non ricordava nulla della sua nascita, né avrebbe saputo dire come fosse arrivato in quella casa.
   Ricordava solo una festosa accoglienza. Come di un ospite atteso, di cui si era sentito parlare molto bene, anche perché (lo capì successivamente) era di grandi dimensioni.
   Si sentiva orgoglioso. Aveva la netta sensazione di essere utile e di dare anche molto benessere e addirittura felicità a chi ne cercava la compagnia.
   Ora che non era più giovane e che aveva accumulato molta esperienza, ogni tanto rifletteva sulla sua vita.
   Potrà sembrare esagerato chiamarla così, ma lui era ormai convinto che la sua fosse un’esistenza senza precedenti.
   Si domandava spesso come avesse potuto avvenire ed era riuscito a darsene una spiegazione.
   Appena giunto nel nuovo ambiente, non aveva nessuna coscienza di sé, ma l’avervi abitato per molto tempo era stato di grande insegnamento.
   Inizialmente, sentiva solo frastuono e molta confusione, ma, con il passare del tempo, aveva potuto rendersi conto di avere delle qualità.
   Era consapevole che gli mancava la vista e la parola, ma era sensibile agli odori e soprattutto ai pesi. Non era neppure privo di udito, anche se non percepiva tutto con sicurezza.
   La lunga attenzione che aveva posto a quanto avveniva intorno, gli aveva consentito, un po’ alla volta, di comprendere il senso di quello che dicevano i suoi frequentatori.
   Ma ciò che lo inorgogliva di più era la capacità ormai acquisita di riflettere su ciò che gli era finora accaduto e il fatto ormai evidente che anche una cosa semplice, come lui si considerava, e posta in una posizione così subalterna, avesse un ruolo insostituibile.


   Nel tempo in cui era lasciato solo si compiaceva della sua semplice biografia, così ricca però di vita vissuta.
   Anche se non conosceva chi lo aveva ospitato con tanta allegria, lentamente aveva fatto confidenza con i suoi frequentatori e ne aveva capito le esigenze e le soddisfazioni.
   Ormai era certo che si trattava di una famiglia non numerosa. Dai nomi che aveva percepito, si trattava di una mamma, di un papà, di un bambino e della sorellina e di un’altra persona chiamata nonna.


   Tutti si servivano di lui, in modi diversi. A dire il vero, la nonna non si serviva di lui, ma sembrava accudirlo per gli altri. Ne aveva molta cura. Alla mattina (ormai distingueva le varie fasi della giornata), gli dava ristoro, aprendo una finestra che aveva al suo fianco. A seconda della stagione (era sensibile anche ai cambiamenti stagionali) entrava un’aria più o meno fresca, che gli ritemprava le forze. La nonna aveva anche dell’affetto per lui, perché lo ricopriva frequentemente con nuovi tessuti profumati e poi lo lisciava dolcemente con la mano, quasi a farlo sentire appagato. Nella stagione fredda gli poneva addosso altri panni, quasi temendo che potesse soffrire il freddo. Le era molto riconoscente e sentiva che era suo dovere essere il più ospitale possibile.


   Trascorreva ore felici quando su di lui sentiva il peso leggero dei bambini. Non solo di quelli di casa, ma anche di altri che chiamavano cuginetti. Non sapeva esattamente che cosa facessero; gli sembrava, dalle variazioni di peso, che saltassero e doveva essere proprio così perché era ormai certo che sotto di lui ci fosse un piano a molle e lui si sentiva scendere e salire in ritmi a volte frenetici. Percepiva gli urli dei bambini, le loro risate felici, il loro inesauribile dispendio di forze.
   Alle volte, si acquietavano. Sembravano assorti. Ma, col tempo, aveva capito che si sistemavano su di lui forse per mangiare e bere qualcosa e per ascoltare chissà quale diavoleria da cui provenivano parole e suoni.


   Provava ormai affetto per quei bambini e quando li sentiva arrivare gli sembrava di rivivere.
   Rivivere, perché per molte ore della giornata veniva lasciato solo e si annoiava a morte. Era duro restare così abbandonato e trascurato, anche se erano i momenti in cui poteva pensare a se stesso e alla utilità del suo servizio.
   Non era tutto così idilliaco e frequentemente, soprattutto di sera e di notte, sentiva un trambusto che, le prime volte, lo aveva impaurito perché sembrava un terremoto. Gli fu difficile capire che cosa stesse succedendo, per cui, in quelle occasioni, ebbe bisogno di tutta la sua attenzione per cercare di venirne a capo.
   Bisogna premettere che, con il tempo, aveva imparato a distinguere le voci: quelle dei bambini piccoli ma anche quelle delle persone adulte, sia maschili che femminili, e addirittura poteva valutarne l’età.
   Avvalendosi di tutte le sue acquisizioni, capì che si trattava di giovani, un maschio e una femmina, abbastanza robusti.
   Sembrava che si azzuffassero e si volgessero su se stessi. Ma perché? Questo era il mistero.


   Sulle prime rimase stordito e non seppe darsene una ragione. Ma siccome la cosa si ripeteva di frequente, anche di giorno, quando non si sentivano voci in giro e anche lui stava riposando, pensò che forse i due giovani trovassero piacere a distendersi su di lui e a restarci per tempi più o meno lunghi, dimenandosi e urlando, per poi acquietarsi in assoluti silenzi.
   Alle volte, tutto si concludeva così, ma non era raro che, dopo un intervallo più o meno lungo, riprendessero la lotta, così a lui sembrava che avvenisse, ripetendo le solite giravolte con gridi e sospiri profondi finendo sempre in uno stato di felice appagamento.
   Si era ormai abituato alla loro frequentazione e, quando non li sentiva, era preoccupato e sperava che tornassero presto perché lo facevano sentire importante.


   Le giornate trascorrevano nella routine, ma lui si sentiva felice, perché era ormai certo che gli abitanti di quella casa trovavano conforto in lui.


   Aveva un solo rammarico: di non essere apprezzato per tutti i giorni dell’anno. Infatti, quando faceva più caldo, nessuno si stendeva su di lui. Gli sembrava allora di essere stato messo da parte come cosa inutile, ma con gli anni, aveva capito che il fatto si ripeteva a scadenze previste, per poi cessare definitivamente quando il caldo passava.


   La sua giornata si era fatta ormai abbastanza prevedibile.
   Ad un certo momento però il trantran quotidiano sembrò turbato da qualcosa di nuovo.
   Quei due giovani, che aveva sentito ballare tante volte su di sé, sembravano aver diradato le loro presenze, almeno quelle tempestose che lo avevano spaventato all’inizio.
   Erano più tranquilli, anche se, ogni tanto, avvertiva qualche fiammata del tempo passato.
   Passò così un bel po’ di tempo. Secondo lui, tre o quattro stagioni. Non avrebbe saputo dire con più precisione.
   Ma dopo quel lungo periodo, notò al suo fianco la presenza di qualcosa di nuovo. Che cosa fosse era tutto da scoprire.
   Si alternavano momenti di assoluto silenzio a scoppi improvvisi di pianto. Non il pianto che aveva sentito tante volte da parte dei bambini di casa. Era un pianto nuovo, disperato. Un grande tramestio nasceva allora attorno a quella fonte di tremendo dolore. Ma non durava molto. Qualcuno provvedeva a quietare in fretta quei gridi che sembravano inconsolabili.
   Il fatto si ripeteva frequentemente, senza che lui riuscisse a inquadrare il nuovo evento in una situazione plausibile.
   Finalmente, ebbe un’intuizione che lo rese felice e ancora più soddisfatto del servizio che aveva svolto in quella casa.
   La famiglia si era ingrandita ed anche lui avrebbe avuto la possibilità di arricchire la sua esperienza.


   Insomma, aveva ormai un’ottima opinione di se stesso e considerava molto invidiabile il fatto di essere indispensabile.
   Gli era sembrato di capire che nel mondo non tutto andava per il meglio e che, quindi, sentirsi al riparo da fastidi ed avere la certezza di essere utile era una condizione ottimale per un … materasso … a due piazze.


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