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Il lavoro

di Elio Zago
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Pubblicato il 15/02/2016 10:00:19

 Quando tornava alla sera, i bambini erano felici e lo accoglievano festosamente, reclamandone le coccole. E lui, con i bambini, si sentiva bene e avrebbe voluto passare con loro molte più ore di quante non gli consentisse il lavoro. Con i bambini, ritrovava anche un po’ di quella serenità che aveva perduto negli ultimi tempi.
 Anche rivedere Marcella gli era di conforto e con lei si confidava quasi interamente, non del tutto, per non farla soffrire.


 Quando l’aveva sposata, non aveva avuto neppure il sospetto che un giorno la loro vita avrebbe potuto conoscere una situazione così difficile.


 L’aveva conosciuta ancora ragazzina, in una discoteca. Marcella era vestita da festa. Antonio si era timidamente offerto di farla ballare e si sentiva così imbarazzato che, per la goffaggine, le aveva pestato un piede. Nella risata seguita all’incidente, si erano involontariamente stretti l’uno all’altra e uno sguardo veloce ne aveva turbato i cuori.
 Quell’incontro occasionale si era trasformato in una frequentazione durata molti anni, che aveva consentito loro di conoscersi nei pregi e nei difetti, accrescendone l’affetto e la comprensione.


 Lei era più riservata di lui. Antonio invece le aveva raccontato quasi tutto della sua vita passata in famiglia, una famiglia povera con molti fratelli e sorelle e due genitori grandi lavoratori, ma che non avevano neppure immaginato (lui non ne aveva mai fatto cenno) che cosa sperasse per il suo avvenire.
 A scuola aveva fatto sempre bene e, alla fine degli anni obbligatori, avrebbe desiderato continuare a studiare perché si sentiva molto insicuro e pensava che fosse necessario avere qualche conoscenza in più per affrontare la vita.
 La famiglia aveva dovuto invece avviarlo ad una attività qualsiasi, perché era numerosa e serviva anche un piccolo salario aggiuntivo.
 Così, fin da ragazzino, aveva dovuto misurarsi con vari mestieri, perché non riusciva ad ottenerne uno continuativo.


 Li aveva fatti sempre volentieri, perché il lavoro, anche se faticoso, gli dava la soddisfazione di sentirsi utile e importante.


 Quando esso divenne stabile, cominciò a progettare con Marcella il loro futuro.
 Ed era stato tutto più facile di quanto pensasse.
 Il rapporto con Marcella era sempre stato ottimo, anche se con qualche ombra passeggera. Di Marcella amava tutto: il carattere schietto, l’intelligenza acuta, la personalità alle volte scontrosa ma forte e volitiva.


 Con Marcella aveva sognato una famiglia con molti, molti bambini, anche se poi si erano fermati a due, perché avevano capito che era difficile farli crescere bene.


 Di Marcella amava tremendamente la fisicità. Nei momenti di tenerezza, nella stanza illuminata dalla luce filtrata del giorno o da quella soffusa di una lampada notturna, si beava della vista del suo corpo diafano e vibratile.


 Ne accarezzava la pelle morbida, la baciava lentamente fin nelle pieghe più nascoste, la sentiva palpitare a ogni sfioramento. Marcella socchiudeva gli occhi, in totale abbandono. Quando l’eccitazione era al culmine, Antonio sprofondava nella sua liquida ospitalità. Un grido di entrambi, all’unisono, esprimeva l’estasi raggiunta. Si tenevano ancora stretti per qualche istante, per sciogliersi poi, fianco a fianco, tenendosi la mano, in rilassante riposo.


 Nei momenti in cui i bambini dormivano e poteva parlare tranquillamente con Marcella, rievocava volentieri tanti momenti della sua breve vita, quasi temendo di perdere il ricordo del passato.
 Le parlava non solo delle difficoltà economiche in cui era vissuta la sua famiglia, ma anche dei passaggi che egli riteneva avessero formato il suo carattere.


 I suoi genitori erano convenzionalmente religiosi e lo avevano cresciuto nell’osservanza di tutti i precetti della tradizione.
 Aveva quindi ricevuto i soliti sacramenti e aveva frequentato l’oratorio parrocchiale, andava regolarmente a messa perché gli piacevano immensamente l’odore d’incenso, il suono dell’organo e le voci del coro. Ma, al di là di questo, non aveva potuto nascondere a se stesso che la penombra della chiesa e le preghiere sommesse dei fedeli gli davano un senso di ansia funerea e si sentiva meglio solo uscendo alla luce del sole.
 Aveva quindi smesso di andare a messa verso i tredici anni.


 Un altro aspetto della sua vita che amava sottolineare era che, da subito, si era sentito bene con gli altri operai, che ne aveva subito condiviso i pensieri, che era sempre stato al loro fianco nel rivendicare il rispetto dei loro diritti e la difesa della loro dignità.


 Così aveva partecipato a tutte le loro lotte affinché il lavoro fosse a misura umana e non fosse messo a rischio da imprenditori incapaci o egoisti.


 Finché il lavoro era stato sicuro, anche la loro vita non aveva conosciuto grosse difficoltà, ma, quando era incominciata la crisi, ogni certezza aveva cominciato a indebolirsi.
 Aveva sopportato l’umiliazione di una breve sospensione lavorativa, perché la ditta affermava che le commesse erano diminuite e che i costi superavano i ricavi.
 La cosa si era ripetuta altre volte. Ad ogni occasione, Antonio sentiva riaprirsi una ferita appena rimarginata, ma resisteva e trovava in Marcella e nei bambini la forza per continuare.


 Aveva pianto quando qualche suo collega aveva dovuto affrontare i disagi di un licenziamento.
 Lui pensava che non gli sarebbe toccato perché era considerato tra gli operai migliori, ma una mattina il titolare della ditta gli aveva messo in mano una busta, scusandosi di quanto aveva dovuto fare.
 Antonio rimase pietrificato, gli parve che il cuore si fermasse, che la sua vita fosse perduta, che la famiglia non avrebbe potuto sopravvivere.


 I successivi furono giorni angoscianti, non riusciva a nascondere una tristezza infinita, era diventato taciturno e scontroso e anche Marcella non riusciva a convincerlo che non bisognava disperare, che insieme avrebbero affrontato le difficoltà, che anche lei avrebbe cercato un lavoro, anche il più modesto.


 Trascorreva molte ore fuori casa. Dove andasse e che cosa facesse, era diventato anche per Marcella un mistero.
 Marcella tuttavia si tranquillizzava quando le raccontava qualche storia sentita da amici, forse al bar. E che lo frequentasse le parve sicuro perché ogni tanto si lamentava della scarsa fortuna avuta al gioco.
 Sicuro era poi che avesse incominciato a bere qualche bicchiere di troppo. Marcella se ne accorgeva quando, sempre più raramente, la abbracciava e le dava un bacio leggero. Ne avvertiva la stanchezza languida e quasi rassegnata.


 Una sera tardava a rientrare. Marcella era in ansia.
 Antonio aveva preso la sua utilitaria e si era portato vicino al grande fiume, che scorreva placido e solenne, con striature iridescenti allo spegnersi del giorno.


 Si avvicinò, … fissò le acque quiete.
 All’improvviso, … uno spruzzo d’acqua, un gorgoglio, un breve spumeggiare.
 Poi fu silenzio, … nel tramonto del sole.


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