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Vite parallele

di Elio Zago
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Pubblicato il 15/02/2016 10:11:39

 Il suo cruccio era il sedere un po’ troppo grosso, ma esagerava. Sì, forse, un tantino meno espanso sarebbe stato più in armonia con il resto del corpo, ma non avrebbe attirato in egual modo lo sguardo desideroso dei maschi.
 In realtà, aveva un bel viso, incorniciato da capelli fluenti sulle spalle, di proporzioni perfette. Anche le mammelle erano in sintonia con il volto: ben proporzionate, succose. Il vitino sembrava scolpito e le gambe erano leggermente grosse, come si conveniva per sostenere il didietro provocante.
 Ma ciò che colpiva al primo acchito erano gli occhi neri, intensi, che sovrastavano il naso regolare, e due labbra che chiedevano di essere baciate.


 Era cresciuta bene, senza problemi. I genitori ne avevano assecondato le inclinazioni e si sentiva realizzata. Dopo gli anni di scuola obbligatoria, aveva potuto scegliere una scuola a prevalente indirizzo scientifico. E, terminata la scuola superiore, le parve che studiare biologia avrebbe potuto dare tante risposte alle sue domande sulla vita.
 Così, durante la vita universitaria il suo spirito critico si era acuito e seppe liberarsi di tante idee irrazionali che i genitori, da bravi ma tradizionalisti cattolici, le avevano inculcato.
 Sembrò che la realtà assumesse dimensioni nuove, più ariose, anche se non più confortanti. Ma non avrebbe avuto senso cullarsi in fantasie che erano servite a tenere le persone in una condizione di soggezione spirituale. Voleva, fin dove le fosse possibile, inoltrarsi nella conoscenza della vita reale, sondarne i limiti ma anche la multiforme ricchezza.


 Aveva ottenuto in quasi tutti gli esami il massimo dei voti e la lode e, dopo la laurea, pensò che il suo futuro sarebbe stata la ricerca scientifica. Poté avere contatti con i professori che l’avevano seguita negli studi e poté trovare una collocazione, seppure precaria, all’interno di un gruppo di lavoro che si occupava di indagare nel campo oscuro delle malattie rare.
 Aveva già superato brillantemente un esame difficile con il docente che l’aveva accolta nel suo gruppo di lavoro.
 Fece conoscenza con le altre componenti del team, tutte donne giovani e belle. Sembrava che fossero state scelte in un concorso di bellezza. Erano belle, ma ognuna indiscutibilmente diversa dalle altre.
 Anche il capo non era male. Non bello, ma distinto. Emanava un’autorevolezza che le aveva subito causato uno stato di soggezione. Ma ciò non la imbarazzava, anzi la faceva sentire bene, sicura. Non solo. Anche un’attrazione, non fisica, ma spirituale sembrava che agisse in lei. Vederlo tutti i giorni le dava un senso di serenità. Le divenne presto una presenza indispensabile, le parve che non avrebbe più potuto vivere senza ascoltarne la voce suadente e senza goderne la vista gradevole.


 Al di fuori dell’università, Giovanna era una ragazza allegra, molto socievole con tutti, anche con i ragazzi, che sapeva tenere a bada quando si mostravano troppo invadenti. Ma di uno di loro si innamorò presto, di un amore solare, estroverso e generoso. Non ebbe difficoltà ad avere presto rapporti sessuali con lui, con le precauzioni del caso.
 Giovanna sapeva che cosa significava avere una gravidanza indesiderata e imprevista: non solo assumere una responsabilità in un momento inopportuno, ma anche e soprattutto rischiare di far nascere un bambino non in salute.
 Per questo aveva ben chiaro che prima di far nascere un figlio bisognava fare tutti gli accertamenti medici possibili per non farlo trovare svantaggiato al nastro di partenza della vita.


 Con il suo ragazzo trascorreva giornate meravigliose. Anche Luigi aveva avuto una esperienza simile alla sua e non gli era stato difficile condividerne le scelte. Insieme avevano progettato il loro futuro, che doveva essere aperto all’ascolto di tutte le voci possibili, da filtrare alla luce di valori laici e altruisti.


 Avevano deciso di non sposarsi. Sarebbero stati insieme senza la benedizione di qualcuno. Si sentivano capaci di affrontare le incognite e le asperità della vita contando sul patrimonio ideale che avevano accumulato nel corso della loro breve esistenza.
 Quando parve il momento giusto, si impegnarono quotidianamente a far scoccare l’attimo creativo messo a disposizione dalla natura.
 Claudia era nata senza problemi, in piena salute, facendoli felici e mettendoli alla prova, dopo tanti buoni propositi di essere bravi e responsabili genitori.
 Durante la gravidanza, Giovanna aveva continuato a frequentare il suo gruppo di lavoro, fin quasi al momento del parto.
 Aveva notato che l’attesa di una bambina (come le era stato diagnosticato) non aveva influito in alcun modo sulla qualità del suo impegno. Anzi sembrava averla spronata a fare meglio. Così almeno aveva pensato in un primo momento.
 Ma, riflettendo meglio, si era accorta che quando era in ateneo dimenticava completamente quanto avveniva fuori delle sue mura.
 Aveva capito inoltre che, quando era al lavoro, nasceva in lei una sensazione di benessere nuovo, diverso, che assomigliava ad un innamoramento a senso unico.
 Ne cercò le ragioni e constatò che la sensazione si manifestava quando varcava l’ingresso del laboratorio.
 Concluse che quella attrazione che aveva provato, fin dall’inizio dell’attività di ricerca, nei confronti del suo capo si era trasformata in un sentimento, che le dava l’impressione di essere una seconda persona.


 Una persona con due vite: quella di ogni giorno con Luigi e Claudia e con i parenti e i conoscenti che frequentava e quella con il suo capo, che nulla sapeva del segreto di Giovanna.
 Era stata una sorpresa piacevole. Aveva così l’impressione che neppure un minuto della sua giornata andasse sprecata. Ed era decisa a godere questo doppio binario della sua esistenza.
 Era un segreto che non doveva rivelare a nessuno e che non aveva intenzione di confidare a chicchessia.


 Era come la spettatrice di due film visti in contemporanea, di cui era la protagonista. Era estremamente bello non solo guardarli, ma viverli.
 E Giovanna sembrò diventare una giovane donna ancora più attraente, più solare e più sensibile di prima a tutto ciò che si svolgeva attorno a lei.
 Viveva una vita piena, esuberante, immediata, sincera, arricchita di pensieri non convenzionali, senza timori inutili e attese illusorie.


 Vedeva fiorire Claudia nella serenità e il suo sogno era che potesse crescere senza costrizioni esterne, sostenuta con equilibrio da chi la attorniava a orientarsi nei percorsi difficili ma meravigliosi della vita.
 Con Luigi, al di fuori dei piccoli screzi quotidiani, l’intesa nei pensieri e nei propositi era completa e tutto sembrava svolgersi secondo i suoi desideri.
 Anche il lavoro non le pesava, anzi le faceva vivere una dimensione insolita e invidiabile.


 Si sentiva privilegiata e gioiva in cuor suo. Chi la incontrava notava un continuo, enigmatico sorriso sulle sue labbra e ne restava gradevolmente sorpreso.
 Giovanna non si domandava perché le fosse stato fatto un regalo così straordinario.
Era forse una stramberia che la natura ogni tanto si prendeva per mostrare quanto fosse imprevedibile e multiforme.

 

 Giovanna ne godeva semplicemente i frutti.


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