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Hotel de Dream

Romanzo

Edmund White
Playground

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 12/10/2012 12:00:00

Siamo agli inizi del Novecento, Stephen Crane è consunto dalla tisi, la moglie decide di portarlo, come ultimo tentativo di guarigione, in Baviera, ma il viaggio si rivelerà, fatalmente, l’ultimo per il giovane e promettente scrittore americano, con lui la moglie Cora, conosciuta nel bordello da lei gestito, quell’Hotel de Dream che dà il titolo all’opera. Durante il viaggio Crane avverte l’impellenza di dettare alla moglie l’ultimo libro, vuole raccontare una storia riguardo una persona conosciuta a New York anni addietro, storia con la quale aveva già fatto un tentativo, ma la “morale corrente” lo aveva fatto desistere, ora o mai più sembra pensare lo scrittore morente, e tra atroci sofferenze racconta la storia di Elliott. Elliott giunge a New York dopo essere fuggito da un paesino di campagna  e dalle violenze quotidiane del padre e due dei fratelli, il ragazzo vive di espedienti ed arriva a vendere il suo corpo unendo una sua inclinazione al bisogno di sbarcare il lunario. Nel corso dei suoi vagabondaggi il giovane incontra Theodore, integerrimo banchiere dalla vita irreprensibile che con il classico colpo di fulmine, perde completamente la testa per il ragazzo. Questo amore porterà con sé la dannazione per entrambi, e li trascinerà in una spirale in cui perderanno tutto quello che avevano. Crane racconta la storia senza falsi pudori e dimostrando una mancanza di pregiudizi notevole per l’epoca, anche per i giorni nostri sotto certi aspetti. Il racconto di Elliott prende il nome de “Il ragazzo truccato”, ed è una sorta di romanzo nel romanzo, dove White con notevole abilità intreccia con fili sottili, quasi invisibili, la trama romanzesca con quella biografica, tessendo un interessante parallelo vfra le vite di Crane, la moglie, Elliott e Theodore, e mostrando nella filigrana della narrazione la forza dell’amore, che può nascere in qualsiasi ambiente, e toccare persone apparentemente distantissime. Crane conosce la moglie in un bordello, Theodore incontra Elliott che si prostituisce, ma ciò non impedisce all’amore di svilupparsi e di diventare tenace,  lo scrittore e la moglie lasciano l’America dove è nota la di lei vita, Theodore getta al vento la sua esistenza rispettabile, Elliott rischia seriamente la vita, e tutto ciò per la forza dell’amore. White attraverso Crane ribadisce quanto poco si possa giudicare l’amore, esso nasce dove deve farlo, non vi sono pregiudizi o classi sociali a vincolarlo, chi, tra i benpensanti, si erge a dare un giudizio è perché probabilmente non conosce tale sentimento. Nell’impellenza di Crane nel raccontare la storia di Elliott si mischiano i suoi ricordi all’Avana, durante un viaggio fatto anni prima dove anche lui aveva conosciuto l’amore vero, ma che ha dovuto abbandonare per gli schemi sociali. White usa materiale reale, la sua bravura di biografo è nota, Crane incontra Conrad, Wells, e addirittura Henry James dovrebbe terminare il libro, ed è una sua lettera a concludere l’opera; inoltre White costruisce l’ambiente che poi diventerà quello cosiddetto gay (il termine omosessuale ai tempi in cui si svolge la vicenda non era ancora stato coniato,  gay è stato adottato molto più tardi), creando l’antefatto storico allo sfondo di tanti suoi romanzi, e costella il racconto di fatti e giudizi che sono tanto del secolo scorso come attuali. Il tema dell’attempato e distinto uomo che si innamora del giovinetto non è esattamente una novità, ma è singolare la forza dell’amore che nasce tra i due, sebbene, visti i tempi ci voglia proprio l’alibi di un filo di trucco sul volto del ragazzo per schiudere la porta di un mondo sconosciuto. Il parallelo tra Elliott e Theodore, verso il finale del racconto giunge a quello con Adriano e Antinoo, creando una sorta di ponte temporale dall’antichità al nostro recente passato e, di conseguenza, ai giorni nostri, in cui il legame fra le epoche sono l’amore e la passione, capaci di manifestarsi dove il destino li porta, non si può parlare di vizi o immoralità, l’amore, semplicemente, è libero. Il libro è molto bello, la formula del romanzo nel romanzo è assai convincente e riesce a mostrare cosa spesso sta nella mente del romanziere durante il processo creativo, White mostra tutta la sua bravura di grande narratore riuscendo a dare alle due parti che compongono il libro “voci” differenti, ricreando lo stile di Crane intrecciato alla precisione biografica e alla creatività tipiche di White che usa un linguaggio semplice ed elegante, velato di ironia e che sa avvincere il lettore per la sua notevole originalità. Un gran bel romanzo.





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