Per questa vocazione difficile e leggera
Mi sono incarnata nella vita
Ma ebbi per poco le mie cose più care.
Però, quando i muri si sono sgretolati,
Mi sono rimaste eredità verbali.
I miei doni furono solitudini lunghissime
Attraversate da canti fertili come venti pieni di semi.
E quando anche i nomi si frantumarono,
Ho raccolto i dettagli più minuti
Incollandoli con la saliva delle parole poetiche,
Affinché conoscessi la grazia dei relitti
Che galleggiano nelle strade turchesi delle vene.
Ma ora sono in cerca dell’acqua fontale
Che mi benedica colando nell’orecchio
Il comando iniziale: che la vita sia
E che tutto si desti e mi attraversi
E riluca con lo stesso impeto
Di una spada affondata nel petto.
Sgorga di nuovo – dirò – dalla gioia,
Mettimi in ascolto del mio mare interiore.
E tu, Palinuro, che cadesti vinto dal sonno
Nel grembo blu delle acque, torna a raccontare:
Tutto ciò che affonda, se si sa aspettare,
Risale alla metamorfosi del sole.
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