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Lettera uno

di Filippo Di Lella
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Pubblicato il 08/08/2023 17:32:58

Mi piacerebbe venire a trovarti un giorno, ma per adesso sto così, e quello che dovevo fare non l'ho ancora fatto; e forse non lo voglio ancora.

Probabilmente ci vuole più coraggio di quanto ne ho adesso, o di quanto ne ho avuto finora; non so. È che forse misurarsi con altri significa anzitutto misurarsi con se stessi e non cercare altre scuse, tipo questa. E so quanto non ti piacciano le persone che cercano scuse. Ma forse non è nemmeno una scusa ed è davvero il non volerlo ancora. Non per davvero almeno.

Mi piacerebbe venire a trovarti un giorno ed essere ancora amici, di nuovo, daccapo.

Essere ancora amici, poterci scambiare parole, esperienze, missioni, visioni, battute. Chessò, bere assieme magari.

Mi piacerebbe poter essere alla pari, o all'altezza dell'idea che ho di te. Sì, forse perché è davvero necessario scindere l'idea di un artista dal suo senso umano, personale; in fondo certi tipi di sensibilità sono da custodire come il più intimo dei tesori, dei segreti, o delle armi che possono distruggerci. E non si può doverle condividere. E poi è anche possibile che l'idea dell'artista che uno si fa non sia poi così rassomigliante alla persona in sé, o no? Magari non mi sarebbe piaciuto Caravaggio come persona, pur amandone l'arte.

Chissà, mi chiedo, com'è che si forma un'emozione che da vita all'idea, all'intento stesso prima che al gesto artistico, dove cioè inizia per davvero la genesi di un'opera? Dov'è la vera radice di quella vitalità che chiamiamo spesso con nomi così disperati o altisonanti come creatività?
Disperati, certo: perché se è vero che siamo stati creati o anche solo nati a questo mondo, allora è vero che cerchiamo di riprodurre un mistero di cui non sappiamo ancora nulla, se non nella sua fisiologia, nella sua dinamica, nella sua forma; e allora, mi dico, non è forse quasi troppo pathos per chiunque? Può una persona, chiunque, limitare l'arte alla forma, all'impatto e strapparne via l'interrogativo a suon di tecnica, di scienza, di esattezze; non ha forse l'arte stessa bisogno di mistero e inesattezze, di plausibili imperfezioni piazzate a bella vista benché perfette nell'insieme? Non è forse l'arte stessa un tentativo disperato di sfuggire al baratro?

Mi diresti, credo, che semplice non è mai banale perché è semplice solo ciò che concepisce l'enorme complessità e la rende accettabile, accessibile e fonte di curiosità. Mi diresti che vale un po' tutto, fin quando si sa quel che si sta facendo, anche senza saperne il motivo. Che l'arte non si spiega se non in sé, o meglio, in noi e nel nostro mondo. E che forse credi a questa cosa o forse è una bugia detta così tante volte da rassomigliare a una verità.

Mi piacerebbe venire a trovarti un giorno ed essere ancora amici, più di prima, come se lo fossimo da sempre. Parlare con te di queste e altre cose, e sentire le tue risposte sempre molto semplici, umili. I tuoi non lo so e i tuoi non preoccuparti.

Chissà se sognavi di trovarti lì dove sei o se hai sogni ancora più alti? Se magari ti ci sei ritrovato o se forse hai già ragione sul tuo mondo? Ah, chissà. Se ti spaccassi il cranio per guardarci dentro, probabilmente ci troverei un normalissimo cervello e tutti i suoi allegati e compromessi, nulla di più che becera biologia, triviale materia organica.

Oppure, non so di preciso, venire a trovarti e poi non dire nulla, guardare un po' cosa c'è attorno e non rischiare di fare la figura del fesso, o di quello fuori luogo, o di quello sempre un po' troppo pesante. Ecco, magari essere leggero: parlare del più e del meno, scambiare qualche ricetta, non dover sempre correre con la testa dietro alla tua sapienza e alla saggezza che non ho. Collegare il mio di cervello e assicurarmi di non perdere la presa.

Dovrei fare mille cose e so già che mi diresti di iniziare a farle, di studiare di più e con più intensità; mi diresti di essere intelligente e che per esserlo bisogna saper essere politici e cercare sempre di non offendere più sensibilità del necessario. E che tante affermazioni non meritano una risposta, nemmeno per chiarire la tua contrarietà. Già, ma non sono mai riuscito ad essere così. Non sono mai riuscito ad essere altro da me stesso, e non sempre è un complimento.

E vorrei venire a trovarti un giorno ed essere amici, ma per ora sto così e non ho ancora smesso di cercare ciò che dovrei fare e che ancora non ho fatto, ciò che dovevo e ciò che dovrò. E vorrei saperti amico più che in certi casi, benché ti sappia vicino ancora come un maestro, proprio come tanti anni fa. E sì, dovremmo ancora bere assieme, benché io non sia che un mediocre, un attore, un mucchio di parole e vento tra i denti.
Di rado si trova qualcuno che sopravviva a se stesso e quando lo si trova si rimane storditi dalla sua pacchiana ordinarietà. La gente comune non sopravvive a se stessa per più che un tot, e puoi guardare e guardare e alla fine non trovare che banalità e senso del barocco, del ridicolo, o peggio. E forse rimarresti stupito da quanto ho nascosto bene e a fondo questa cosa nel mio io. E da quanto, negli altri, mi spaventi in realtà la loro eco in me, la mia consapevolezza di avere quel che più detesto in loro.

Eh, ma forse sono tutte scuse anche queste, e ora la smetto.
Però mi sei venuto in mente oggi e mi sono sorpreso a pensarti con nostalgia e con un sorriso un po' amaro, fatto più che altro di silenzio; mi sei venuto in mente oggi e mi sono accorto che non ricordo la tua voce né il tuo viso, e mi sono detto che ha forse poca importanza perché oramai saranno cambiati entrambi, e magari quel tuo sguardo sempre così acuto si sarà smussato sotto il peso di nuove rughe, delle occhiaie che si accumulano, di quel tuo senso di straordinaria irrequietezza che non da posa al tuo spirito nemmeno nel più calmo dei deserti; e persino lì, credo, riusciresti a trovare il modo di pescare.
Ti pensavo, e vorrei venire a trovarti un giorno ed essere amici, ancora un po'.


...Bene!!!!
Quando una gialla blusa protegge l’anima da tanti sguardi!
Bene! Quando scagliati tra i denti del patibolo si grida bevete cacao van Houten!
E quest’attimo bengalico, squillante,
non cambierei con nulla...*


*Citazione da La nuvola in calzoni, Vladimir Majakovskij

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