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Nemmeno a Natale

di Elsa Paradiso
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Pubblicato il 29/11/2017 10:56:22

 

 

Dove si trovava non sapeva. Neve. La neve cadeva. Lenta, beata, inesorabile.

Era una piazza. Grande.

Diversa gente la percorreva. Portava qualcosa.

Aguzzò lo sguardo, per mettere meglio a fuoco: dei pacchi, borse colmi di roba.

Affondava i piedi nel bianco elemento con un minimo sforzo, perché ancora fresco.

Tante luci guarnivano l’aria.

In centro una grande vasca, da cui sgorgava a cascata dell’acqua sputata in alto.

Zampillava ricami ricadenti nella bocca che li aveva generati.

Ma il punto d’attrazione era lui: un albero enorme dagli strani frutti che s’accendevano e spegnevano.

E da una rimembranza fumosa, impercettibile, dal sé sbocciò la consapevolezza che si trattasse del Natale;  di avere degli occhi da cui come piccola fonte si scioglieva dell’acqua, e che dentro il petto sentiva pulsare.

Da tanto ciò non accadeva.

La sagoma ferma, timorosa a muoversi.

Sarebbe riuscita ancora a camminare? E per andare dove?

I passi avvennero uno ad uno con decisione guardinga. Per dove loro decidevano di andare.

Si trovò in mezzo ad una folla. Di qualcuno ogni tanto sentiva una spalla, lo strascico dei doni.

Perché erano doni , quei pacchi tutti infiocchettati.

Si guardò le mani: parevano rami staccati, avulsi da un possibile corpo.

 

Non sapeva chi fosse.

Nel dove di un luogo sconosciuto, un senso di vertigine l’arpionò.

Una voce domandò.

-Si sente male?

Non riuscì a rispondere. E aumentò l’andatura per staccarsi da chiunque fosse lì. Temeva per qualcosa. Forse era meglio non sapere. Forse era un sogno.

Si ricordò anche di loro, dei sogni. Tanti ne aveva fatto, quando si trovava in questo mondo.

Già, quando si trovava in questo mondo.

Una frase completa  era scappata all’improvviso: soggetto, avverbio, predicato.

Tutto lì pareva e sorgeva d’improvviso. Come da un abisso sconosciuto.

Il respiro divenne affannoso.

Si appoggiò ad una colonna. Apparteneva all’antico Teatro. Anche di questo si stava ricordando.

E la gente continuava a scorrere. Tutti quei colori volevano dire festa. Ma guardando i loro volti vedeva solo fretta, nervosismo, ansia.

Povero Natale! Pensò.

 

A me un camino con un fuocherello a legna e tanta fame addosso!

 

Quale la verità? Quale lo stare migliore. Dove avevano sbagliato gli uomini che possono vivere solo se danno la morte, siano cose o persone, o chiunque respiri.

Fino a che la morte non prende uno per uno anche loro.

 

La morte che in fondo non dà problemi, pensieri, ma è madre che non fa distinzione fra i suoi figli. Dopo che li ha tolti dalle classi degli uomini.

 

Un urlo si levò dentro le sue orecchie. Un volto deformato dall’orrore farneticò una frase fuggendo:

Non può essere. Chi è morto non torna, nemmeno a Natale.


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