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Rime a cazzo.

di Stefano Verrengia
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Pubblicato il 21/12/2018 11:50:13

RIME A CAZZO

 

A te, che vuoi provare
il sentire di un poeta, 
che vuoi modellare
la creta del mio spirito
con le tue mani 
Dolci e delicate, 
che non hanno 
Mai sfiorato merda, 
neanche per pulirti 
Il culo. 
A te, che vorresti
Sentire il mare 
Che ti si smuove 
Dentro nei suoi uragani
Ma che non senti altro
che un piccolo sciacquone
Che vorticoso 
Porta nelle fogne 
La tua urina. 
A te, che divina, 
nel tuo ampolloso 
incedere, vuoi far credere
di essere speciale, 
come se caduta
Dalla tua astrale
Dimora fossi a noi
Venuta, bellezza 
Irraggiungibile. 
A te, regalo questa 
Pezza con sopra 
Qualche verso
e qualche rima fumosa,
questa pezza bucata 
Dalla cenere di una sigaretta,
sporca di scarpetta 
Nel pomodoro 
E di vino rupestre,
ricordo del campestre
Idillio dove ti ho scopato
la prima volta 
Approfittando della tua
Ubriacatura. 
E lo so
che leggendo questa 
Poesia rimarrai 
Nobilmente scandalizzata 
Dal mio linguaggio gretto, 
onesto e leggero. 
E so che citeresti 
Antichi latini o greci,
ricordando la purezza
della forma dei loro testi,
la solennità dei loro versi;
ma anche a Orazio 
E Catullo giravano 
I coglioni, forse a Catullo
Un po’ di più. 
E non me ne frega
Più un cazzo della gente,
io scrivo per me, 
egoisticamente per me:
la poesia è diventata
Uno specchio 
Dove mi vedo 
Più scarnito, più stanco
E svogliato, 
annoiato dall'uomo,
galvanizzato dai buchi neri,
dai blazar e dalle tempeste
Elettromagnetiche;
vorrei morire e rinascere fulmine,
un fotone in un fascio di luce,
una truce valanga
che svanga il presuntuoso
Alpinista a caccia di adrenalina.
A noi uomini non basta
Mai chi siamo,
cerchiamo sempre di più, 
un tocco in più di colore
Sul quadro,
una forchettata di più 
Nel piatto di spaghetti … 
Anche se siamo sazi,
solo per ingordigia.
E non sopportiamo 
Una giornata grigia,
cascasse il sole.  
Ognuno abbia 
Ciò che vuole,
mia brillante duchessa;
l'ubriacone la bottiglia,
il drogato la siringa,
il credente la sua croce,
Il suo Corano o il Gonzo ... 
Lascio all'uomo il suo culmine. 
Ma io, io vorrei rinascere
Fulmine vibrante 
Nella tempesta,
goccia d'oceano
Che si frantuma 
Sugli scogli 
Schiumante di rabbia
E potenza, veemenza 
Naturale. 
Vorrei rinascere pugnale,
per esser estratto dalla guaina 
E conficcarmi come un dente
Di lupo nelle viscere 
Di un condannato. 
Vorrei essere un fiato 
O un violino pronto
A suonare Mozart,
pronto a vibrare 
nell'aria sciabolando
Come una spada 
Brillante e invincibile. 
C'è chi cerca 
Gloria eterna e fama,
c'è chi cerca denaro
o un rogo d'amore,
Nella maledetta poesia ... 
Ma io cerco solo un sfogo,
uno sfogo per questo tormento
Che mi porto dentro,
Fastidioso come una mosca
E doloroso come un pugno 
Nello stomaco.
Non cerco la Tosca 
O il Macbeth, 
non cerco l'Everest,
La catechesi del verso ... 
Quindi non rompere 
I coglioni e prendi 
Queste rime a cazzo.

Lascio all’uomo il suo culmine,

lascio all’uomo i versi

di seta e le strofe di velluto,

ovunque egli si perda,

in un anacoluto

o in una dieta di parole,

e mi tengo la mia

merda.


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